Impronte, tracce biologiche, perquisizioni e colpi di scena. È l’11 marzo del 2025 quando uno dei casi di cronaca che ha sconvolto l’Italia viene riaperto. Per l’omicidio di Chiara Poggi c’è un nuovo indagato. Si chiama Andrea Sempio, ha trentasette anni ed è l’amico del fratello della ventiseienne che il 13 agosto del 2007 viene trovata morta nella sua villetta di via Pascoli, a Garlasco. Un delitto efferato per cui a finire in carcere, con una condanna a sedici anni in via definitiva, è l’ex fidanzato della vittima, Alberto Stasi.

Nove mesi fa, dunque, arriva l’avviso di garanzia che la procura di Pavia, guidata da Fabio Napoleone, notifica a Sempio, accusato di omicidio in concorso. Il provvedimento sembra scardinare le certezze cristallizzate nelle sentenze. «Chi ha ucciso Chiara Poggi?», è la domanda che tutto il paese ha sulla bocca. E dietrologie, salotti televisivi, denunce e querele sono gli elementi che dall’inizio dell’anno a oggi condiscono una vicenda giudiziaria che entro febbraio potrebbe essere chiusa. Con due esiti diametralmente opposti: la richiesta dei pubblici ministeri del rinvio a giudizio di Sempio, da sempre dichiaratosi innocente, o l’archiviazione della sua posizione, che, pertanto, ricalcherebbe quanto avvenuto negli anni passati.

L’amico di Marco Poggi è stato già indagato tra il 2016 e il 2017. Le accuse mosse dagli inquirenti nei suoi confronti sono sempre state archiviate. Per due volte a scagionare Sempio è l’ex procuratore di Pavia, Mario Venditti, oggi finito indagato per corruzione in atti giudiziari: secondo i magistrati di Brescia il procuratore ormai in pensione avrebbe all’epoca archiviato la posizione dell’uomo ricevendo «una somma indebita di denaro, nell’ordine di 20-30mila euro». Per questa storia “collaterale” è indagato anche il padre di Sempio. E l’accusa è sempre quella di corruzione.

Ma torniamo a Pavia. Dove nei giorni scorsi si è tenuta la tanto attesa udienza che ha chiuso l’incidente probatorio. In particolare, la genetista Denise Albani ha spiegato i risultati messi nero su bianco nelle novantaquattro pagine della sua relazione tecnica. Al centro della perizia le tracce biologiche sui due frammenti di unghia di Chiara Poggi. Cosa dicono quelle tracce repertate dagli inquirenti? La relazione risponde alle domande: esiste una probabilità «moderatamente forte/forte» per l’unghia della mano destra e «moderato per quella dell’altra mano» che il Dna maschile appartenga a Sempio o a soggetti a lui imparentati per via paterna.

Una risultanza che, in base a quanto si legge nella relazione, deve anche fare i conti con l’impossibilità del metodo bio-statistico di «stabilire con rigore scientifico» se quelle tracce genetiche si trovassero «sotto o sopra le unghie della vittima» e, inoltre, se il trasferimento sia avvenuto in modo diretto o per contaminazione.

Chiusa questa fase, si procederà con l'esame delle analisi dattiloscopiche. Grande attenzione d’altronde ha destato “l’impronta 33” che la procura attribuisce a Sempio ed è stata trovata dagli investigatori sul muro vicino alle scale su cui fu ritrovato, riverso ed esanime, il corpo di Chiara Poggi. La consulenza medico-legale, affidata dai pm alla professoressa Cristina Cattaneo, invece non è stata ancora completata.

«Non ho ucciso io Chiara Poggi», ripete in tv Sempio. Che continua: «Se Stasi fosse innocente, tutto questo farebbe riflettere». Nel caso di un eventuale rinvio a giudizio del nuovo indagato, l’ex fidanzato della vittima potrebbe chiedere la revisione del processo alla Corte d’appello di Brescia. L’inchiesta continua.

La mano sulla culla

Spostiamoci in un’altra città di provincia. Stavolta nel profondo sud. A Cosenza solo tre mesi prima della riapertura del caso su Chiara Poggi, succede qualcosa su cui per settimane si focalizza l’attenzione dell’intero paese. Una donna rapisce una neonata dalla clinica Sacro cuore di Gesù, in pieno centro. Lei è Rosa Vespa, ha cinquantuno anni, e per mesi ha simulato una gravidanza. Il 21 gennaio scorso Vespa, fingendosi infermiera della struttura, porta via Sofia, nata solo ventiquattrore prima. Scattato l’allarme, l’intera città si mobilita per cercare la bebè scomparsa.

La sera stessa del rapimento le forze dell’ordine rintracciano e fermano la donna insieme al marito, Aqua Moses, trovando la neonata in casa loro vestita di azzurro. Proprio come fosse il loro bambino. Per poche ore Sofia diventa Anselm, da Anselmo, nome di battesimo del padre di Vespa, morto qualche anno prima.

In seguito il giudice dispone la scarcerazione del marito, ritenendolo totalmente all’oscuro della simulazione di gravidanza e dell’azione criminale, mentre Vespa è mantenuta in custodia cautelare. Oggi si trova ai domiciliari, mentre accertamenti psichiatrici sono in corso per valutare il suo stato mentale al momento dei fatti.

Capitale degli orrori

In primavera, invece, più in particolare a giugno, vengono ritrovati a Villa Doria Pamphilj a Roma due cadaveri: sono quelli di una donna, la ventottenne di origini russe Anastasia Trofimova, e della sua bimba di circa 11 mesi, Andromeda. L’indagato principale è Francis Kauffman, 46enne cittadino statunitense, noto anche con l’alias Rexal Ford. Si tratta, cioè, del compagno della donna e padre della bambina. Kauffman è accusato di duplice omicidio aggravato e per l’occultamento dei cadaveri.

Dopo il ritrovamento dei corpi, l’uomo è stato arrestato in Grecia dove si era rifugiato. Successivamente è stato estradato in Italia e interrogato dai pm capitolini. Proprio la procura di piazzale Clodio ha richiesto il giudizio immediato per Kauffman, formalizzando le accuse e avviando la fase del processo davanti ai giudici.

La vicenda ha avuto anche un controverso risvolto politico: è infatti emerso che Kauffman aveva ottenuto finanziamenti pubblici – tax credit da quasi 900 mila euro – per un progetto cinematografico mai realizzato, sollevando critiche sulla gestione e i controlli dei fondi pubblici da parte del ministero della Cultura.

Oggi l’uomo è detenuto nel carcere di Rebibbia. Qui avrebbe conosciuto Mark Samson, il ventitreenne di origine filippina, reo confesso dell’omicidio dell’ex fidanzata Ilaria Sula.

È all’alba del 2 aprile scorso che il corpo della studentessa di Statistica alla Sapienza di Roma, originaria di Terni, viene ritrovato senza vita dentro a una valigia in un’area boschiva in fondo a un dirupo nei pressi del comune di Poli, vicino alla capitale.

Le indagini degli investigatori della polizia di stato della squadra mobile di Roma e del commissariato San Lorenzo si concentrano subito su una frequentazione di due mesi che Sula ha recentemente concluso con un ragazzo. Samson confessa l’omicidio in corso di interrogatorio, affermando di non sopportare la fine della relazione, e indirizza gli inquirenti nell’individuazione del corpo. A novembre 2025 è iniziato il processo a carico del ragazzo, con accuse di omicidio volontario che includono anche l’aggravante della premeditazione.

Anche la madre di Samson, Nosr Manlapaz, viene indagata dalla procura: secondo i magistrati la donna avrebbe aiutato il figlio a nascondere il corpo della giovane studentessa. Manlapaz ha patteggiato ed è stata condannata a due anni.

Caccia al ladro

Il 2025, infine, si chiude con un caso d’oltralpe. Il 19 ottobre una banda di almeno quattro ladri si introduce nella Galleria di Apollo del Louvre, a Parigi, e ruba i gioielli della Corona francese. Il valore è di circa 88milioni di euro. Dalle prime ricostruzioni della procura emerge che i ladri sarebbero entrati usando un montacarichi per raggiungere una finestra al primo piano, avrebbero tagliato vetri e teche con smerigliatrici o strumenti da taglio industriali e sarebbero fuggiti in soli 7 minuti.

Scappando, avrebbero perso parte della corona dell’Imperatrice Eugénie, ritrovata danneggiata vicino al museo. Sempre secondo i procuratori di Parigi tutti gli elementi raccolti – sono stati fermati diversi sospettati, alcuni dei quali rilasciati – farebbero pensare a un furto legato alla criminalità organizzata. Una delle ipotesi più probabili è che i gioielli del bottino siano stati smembrati e venduti. Una vicenda che ha avuto come conseguenze anche una serie di polemiche: troppe falle – è stato detto – nei sistemi di sicurezza e videosorveglianza di uno dei musei più importanti al mondo. Le indagini sui ladri del Louvre proseguono, mentre il tesoro, chissà dove, continua a brillare.

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