Egregio Agnelli Andrea, ci consenta una domanda: dopo tutto quello che è successo nei tempi più recenti, quando pensa di dimettersi dalla carica di presidente della Juventus? E badi bene che non le stiamo chiedendo “se”, ma proprio “quando”.

Perché non ci pare che un residuo dubbio possa sussistere riguardo all’inopportunità della sua permanenza a capo del club leader del calcio italiano. Che adesso si trova in crisi di leadership anche e soprattutto perché guidato da un capo in totale confusione, ormai inadatto a una missione così delicata, forse persino scomodo per la dinastia Agnelli-Elkann, in nome della quale ricopre un posto nel cda di Stellantis.

E fare queste considerazioni non significa certo disconoscerle tutti i meriti che lei ha saputo guadagnarsi sul campo dal momento in cui, a maggio 2010, è stato eletto alla carica di massimo dirigente bianconero.

Raccoglieva una società che non aveva ancora assorbito il trauma di Calciopoli, con la revoca di due scudetti e l’umiliazione della Serie B, e che pur ritornata prontamente in Serie A non era ancora stata capace di riprendersi il ruolo e vivacchiava nella mediocrità.

Dopo la sua ascesa al vertice della società bianconera sono arrivati 9 scudetti consecutivi, più altri trofei nazionali e due finali di Champions league. Risultati che nemmeno i detrattori più accaniti potrebbero disconoscerle.

Tuttavia, detto dei meriti, bisogna anche parlare di cicli che si esauriscono. E purtroppo, caro Agnelli, il suo si sta esaurendo in modo rovinoso. Sotto il segno di almeno quattro passaggi che hanno segnato l’inizio della caduta dopo un’ascesa che pareva (ma forse soltanto a lei) non dovesse conoscere limiti.

L’acquisto di Ronaldo

L’estate 2018 è stato il punto di svolta in negativo con l’acquisizione di Cristiano Ronaldo, il fuoriclasse che avrebbe dovuto portare a Torino la Champions league.

Un colpo da 115 milioni di euro per l’acquisizione, più un salario lordo da circa 58 milioni di euro per 4 anni (saranno soltanto 3), per un calciatore che al momento di approdare a Torino aveva già compiuto 33 anni.

Non servivano raffinati economisti per capire che pagare per un solo calciatore circa 85 milioni di euro, fra salario e ammortamento del costo d’acquisizione, significava scassati i conti societari.

La necessità di stressare il ricorso alle plusvalenze incrociate è nata da lì. E senza che il portoghese abbia minimamente inciso sui risultati agonistici. Con lui in campo la Juventus ha vinto ciò che avrebbe vinto senza di lui, ha continuato a vedere la Champions come un miraggio e infine ha interrotto la serie dei 9 scudetti consecutivi quando il gruppo ha intrapreso il fatale declino. 

A quel punto il portoghese ha deciso di andarsene frettolosamente, in un modo che ancora offende non soltanto la Juventus ma l’intero calcio italiano.

L’esame di Luis Suárez

L’aneddotica sulla cocumella fa parecchio ridere, tutto il resto della vicenda per niente. Il famoso esame presso l’Università per stranieri di Perugia, che avrebbe dovuto permettere al centravanti uruguayano Luis Suárez di ottenere la cittadinanza italiana e così scansare il penalizzante status di extracomunitario, ha visto un po’ troppo coinvolti personaggi che gravitano intorno alla sua società, caro Agnelli.

Che magari si saranno lasciati tirare in ballo per pura cortesia e non già perché la Juventus avesse intenzione di ingaggiare l’attaccante. Però riconoscerà che c’è stato un eccesso di cortesia.

Con tanto di mobilitazione di una ministra della Repubblica, Paola De Micheli, giunta dietro sollecitazione dell’allora dirigente juventino Fabio Paratici e in nome degli antichi legami d’amicizia. Quella vicenda sta avendo delle conseguenze giudiziarie. Una macchia in più. 

La figuraccia della Superlega

Per tentare la scellerata avventura della Superlega, caro Agnelli, lei si è bruciato il ruolo di presidente della European club association (Eca) e un capitale di rapporti politico-diplomatici guadagnato sul campo.

In cambio di cosa? E lasciamo pure da parte le condotte puerili come le mancate risposte telefoniche o le bugie dette nelle ore antecedenti il tentativo di secessione. Cose che non le fanno onore.

La vicenda delle plusvalenze

Sulla recente inchiesta delle plusvalenze non è il caso di soffermarsi oltre. Molto è stato scritto e molto rimarrà da scrivere. Di sicuro non ci si aspettava che la Juventus ricorresse a mezzi usati da società del calibro di Chievo e Cesena, con tutto il rispetto. Invece è successo.

Sotto la sua presidenza, caro Agnelli. E guardando a tutto ciò, tornano in mente le parole da lei pronunciate lo scorso ottobre durante l’assemblea degli azionisti, per chiosare l’addio di Cristiano Ronaldo: nessun calciatore è più grande della Juventus. Dal canto nostro aggiungiamo che, allo stesso modo, nessun presidente dovrebbe essere più grande della Juventus. Se ne faccia una ragione.

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