Care lettrici, cari lettori

la settimana della giustizia ha avuto al centro una polemica feroce accesa dal ministro della Difesa, Guido Crosetto, che ha parlato di rischio per il governo proveniente da quella che ha definito «l’opposizione giudiziaria». Le sue parole hanno suscitato repliche e conseguenze politiche, che ho analizzato per blocchi in questa newsletter.

Sul tema, ho intervistato l’ex procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, che ha definito «gravi» le parole di Crosetto e, escludendo il complotto giudiziario, ha messo in luce quella che lui ha definito «insofferenza del governo nei confronti dell’indipendenza della magistratura».

Infine, è importante non far sparire dalla riflessione la questione del femminicidio. A questo proposito è intervenuto il presidente del tribunale dei minori di Trento, Giuseppe Spadaro, con una approfondita analisi sugli “invisibili” della violenza di genere: gli adolescenti. Con il rischio che la violenza che assorbono poi venga emulata.

Opposizione giudiziaria

Una bomba si è abbattuta sulla giustizia, sotto forma di intervista del ministro della Difesa Guido Crosetto. Le sue dichiarazioni - anzi «preoccupazioni» come lui stesso le ha definite successivamente – al Corriere della Sera sul fatto che l’unico pericolo per il governo sia «l’opposizione giudiziaria», di aspettarsi che «si apra presto questa stagione, prima delle Europee» e di essere al corrente di «riunioni di una corrente della magistratura in cui si parla di come fermare la deriva antidemocratica» hanno suscitato dure reazioni da parte dell’Anm e altrettanto decise risposte favorevoli da Forza Italia.

Dopo le parole di Crosetto, si sono aggiunte anche quelle del ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Sempre dalle pagine del Corriere della Sera, il Guardasigilli si è apertamente schierato al fianco del collega – anche dentro Fratelli d’Italia – e con cui «siamo in consonanza praticamente su tutto».

Nordio ha aggiunto un elemento ulteriore per dare più rotondità alle accuse alle toghe, resuscitando il fantasma del caso Palamara, che ha terremotato la magistratura e soprattutto l’ultimo Csm. Un richiamo, questo, che non è passato inosservato, anche perché il ministro ha detto che le «ferite aperte dallo scandalo non si sono mai rimarginate».

Il riferimento è allo scandalo delle nomine pilotate per la guida degli uffici giudiziari, emerso dopo la pubblicazione delle intercettazioni ai danni dell’ex magistrato romano Luca Palamara, all’epoca capocorrente di Unicost, che ha fatto emergere come i gruppi associativi della magistratura si spartissero i ruoli di vertice, gestendo il voto al Csm.

Nordio, insomma, non ha nemmeno tentato di ridimensionare la portata della polemica come invece ha cercato di fare Crosetto, ma anzi ha scelto di lanciare un nuovo attacco, anche più mirato di quello del collega.

Nordio, dunque, avvalora la tesi di Palamara sul sistema delle correnti, sostenendo che non sia stato sradicato ma anzi sia quello che oggi si sta muovendo per costruire quella che Crosetto ha definito «opposizione giudiziaria». In altre parole, è il ministro della giustizia a gettare sugli attuali gruppi associativi quello che definisce «il sospetto».

Plenum straordinario del Csm

Dopo giorni di burrasca, però, il ministro della Giustizia Carlo Nordio si è adoperato per cercare di far tornare il sereno con la magistratura. La decisione ha avuto una regia di palazzo Chigi: la premier Giorgia Meloni, preoccupata per l’escalation degli ultimi giorni, avrebbe concertato con il suo guardasigilli una strategia per chiudere lo scontro.

Così, davanti al plenum straordinario del Csm, presieduto per l’occasione dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, Nordio ha scelto toni estremamente pacati e parole concilianti, per un intervento di quindici minuti da cui sono stati chirurgicamente espunti gli argomenti più divisivi: dalla separazione delle carriere al sorteggio per l’elezione del Csm fino alle intercettazioni.

Anzi, ha insistito sulla necessità di «leale collaborazione» e addirittura è stata avanzata la proposta di chiedere al Consiglio pareri aggiuntivi «sugli schemi di decreti legislativi e decreti ministeriali», visto che oggi l’attività legislativa ordinaria del parlamento è passata quasi in secondo piano rispetto all’iniziativa dell’esecutivo.

Qui trovate un riassunto più dettagliato degli interventi che si sono svolti durante il plenum.

L’interrogazione a Crosetto

Proprio oggi, la linea di palazzo Chigi di chiudere lo scontro è proseguita con la risposta di Crosetto a un’interrogazione urgente alla Camera.

In quella sede ha chiarito di avere «totale fiducia nella magistratura», sostenendo che in questi giorni ci sia stato un «tentativo di mistificazione delle mie parole». Crosetto, infatti, si è sentito vittima di «un plotone di esecuzione ad personam, cui non ho neanche risposto: trasmissioni, insulti, interpretazioni malevole delle parole». Poi ha riformulato il concetto espresso nell’intervista, dicendo di non aver mai fatto riferimento a incontri segreti di magistrati, né di aver adombrato cospirazioni, ma solo di essere venuto a conoscenza di «riunioni di correnti della magistratura» e, «da cittadino», li ha considerati gravi. Il riferimento torna ad essere quello al convegno di Palermo organizzato dal gruppo progressista di Area, che pure Crosetto non ha voluto citare direttamente in aula. Per Crosetto, il senso dell’intervista sarebbe stato di dire che «chi ha responsabilità costituzionali deve essere terzo», ha spiegato con un parallelo con quanto da lui stesso sostenuto anche in occasione del caso del generale Roberto Vannacci.

Tuttavia, ha ribadito: «Io non ho attaccato e non attaccherò mai la magistratura. Quando c'è stata la necessità di rivolgermi a un magistrato per denunciare dei fatti gravi, l'ho fatto», ha ricordato, riferendosi al suo esposto su presunti dossieraggi a suo carico.

Insomma, un passo indietro sì rispetto a quelle che alle orecchie della magistratura associata sono suonate come accuse gravissime, ma Crosetto ha mantenuto il punto sulla necessità che i poteri esecutivo e giudiziario rimangano ognuno nei suoi argini.

Delmastro rinviato a giudizio

Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro è stato rinviato a giudizio per rivelazione del segreto d'ufficio per avere diffuso il contenuto di documenti sul caso dell'anarchico Alfredo Cospito.

A disporlo è stato il gup di Roma, che ha fissato l’udienza al prossimo 12 marzo,  respingendo la richiesta del procuratore aggiunto Paolo Ielo, che in aula aveva ribadito la richiesta - già avanzata a luglio - di non luogo a procedere per l'imputato.

Il Gup Maddalena Cipriani, dopo una camera di consiglio durata oltre un'ora, ha sostanzialmente recepito l'impostazione della collega Emanuela Attura che aveva disposto l'imputazione coatta.

La Gup non ha accolto la tesi della procura, secondo cui mancava l’elemento soggettivo del reato, cioè la volontà dolosa di Delmastro. La Gip, invece, aveva sostenuto che per Delmastro, in quanto avvocato specializzato in diritto penale, non poteva «ipotizzare un errore scusabile», perchè i colloqui di Cospito erano «contenuti in due relazioni inviate, tramite la rete Calliope, dal direttore del Dap a Delmastro, su sollecitazione del deputato, con la dicitura 'limitata divulgazione».

«Non me l'aspettavo, come i pm che per due volte hanno chiesto il mio proscioglimento. Andrò a giudizio serenamente» ha commentato il sottosegretario, che ha detto: «Sono straordinariamente fiero di non aver tenuto sotto segreto un fatto di gravità inaudita, cioè che terroristi anarchici in combutta con criminali mafiosi tentassero di fare un attacco concentrico al 41 bis».

Non solo, è di oggi la notizia che Delmastro rischia un altro rinvio a giudizio, questa volta a Biella. La Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera, infatti, dovrà decidere se il deputato dovrà o no affrontare l’ipotesi di un nuovo processo, questa volta per diffamazione aggravata.

Il caso risale ormai a due anni fa e riguarda una denuncia presentata dal procuratore generale della Corte dei Conti di Torino, Quirino Lorelli, dopo che Delmastro lo ha definito «torquemada del pensiero unico» e «Capitan Fracassa» e accusato di fare parte della «magistratura di sinistra» in un video ancora disponibile online sui canali di Fratelli d’Italia.

Processo penale telematico rinviato

Slitta ancora l’entrata in vigore del processo penale telematico, prorogato al 31 dicembre 2024.

A giustificarlo, ancora i problemi dell’applicativo sviluppato dal ministero e in “collaudo” presso alcuni offici, ma con ancora troppi problemi per permetterne l’entrata in vigore al 31 dicembre 2023.

La decisione, accolta con sollievo da magistrati e avvocati, è stata stigmatizzata dalle opposizioni: «Ancora una volta assistiamo a un governo che sui temi della Giustizia agita bandiere ideologiche, spesso vecchie di 20 anni, ma nei fatti non riesce a gestire le sfide quotidiane che devono essere affrontate per rendere la Giustizia efficiente nell'interesse dei cittadini e delle imprese», hanno detto i deputati Pd in commissione Giustizia di Montecitorio, Federico Gianassi, Debora Serracchiani, Alessandro Zan, Marco Lacarra e Federico Fornaro.

Ddl giustizia

In commissione Giustizia al Senato è in discussione il ddl Giustizia e la Lega ha presentato un emendamento che contiene una stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni: il giudice, nei casi di pubblicazione arbitraria degli atti di un procedimento penale, «ordina la cancellazione dai supporti informatici o il ritiro dei supporti cartacei riportanti e prevedendo per ogni giorno di ritardo il pagamento di una somma non inferiore» a 100 euro e non superiore a 500 euro «a favore della cassa delle ammende».

Incontro tra Nordio e le Camere penali

Il ministro Carlo Nordio ha incontrato l’Unione delle camere penali «per affrontare gli aspetti critici della riforma del processo e della riforma costituzionale della separazione della carriere».

L’incontro era stato chiesto dall’Ucpi a seguito della deliberazione dello stato di agitazione, e ha fatto sapere che «il ministro ha in particolare manifestato piena condivisione in ordine alla necessità di provvedere ad una tempestiva modifica dell'artcolo 581 cpp, che impone limiti all'esercizio del diritto di impugnazione al difensore. Ha inoltre inteso chiarire che tale riforma non è stata affrontata nel quadro dei cosiddetti correttivi esclusivamente per ragioni di natura tecnica».

Il ministro, «ha pertanto assicurato che avvierà una sollecita verifica in ordine al relativo percorso legislativo».

I cento anni della Corte di Cassazione

In Corte di Cassazione si è tenuto il convegno per commemorare i cento anni della Suprema corte, alla presenza di tutte le più alte cariche della magistratura e dell’avvocatura, oltre che del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e del ministro della Giustizia, Carlo Nordio.

Il convegno ha approfondito i compiti della Corte e l’interazione con gli organi di giustizia nazionali e internazionali, nella prospettiva di un rafforzamento della tutela dei diritti.

La prima presidente della Corte di cassazione, Margherita Cassano ha richiamato alla centralità della funzione di uniformazione dell’interpretazione della legge: «Il dovere di un contributo propositivo di ciascun magistrato al suo funzionamento in cui devono coniugarsi qualità e tempi della risposta giudiziaria per la definizione di un numero di ricorsi che costituisce un unicum nel panorama europeo, oltre che attenzione ai profili organizzativi». A questo deve unirsi «una visione organica dell'evoluzione giurisprudenziale idonea, grazie ad una forte specializzazione, a superare e risolvere contrasti anche inconsapevoli nell'ottica dell'uniformità e prevedibilità delle decisioni, giudiziarie, costituenti un obiettivo valore per la collettività».

Il procuratore generale di Cassazione, Luigi Salvato, ha ricordato che la sfida della Cassazione è quella di «affermare che finalità del processo è accertare la verità giudiziaria, che è tale solo se raggiunta nel rispetto dei principi del giusto processo, di cui custode ultimo è la Corte, baluardo contro il rischio della plebiscitarizzazione del giudizio, alimentato dalle nuove forme della comunicazione».

Il presidente del Cnf, Francesco Greco, ha sottolineato come la Corte «negli ultimi anni ha indirizzato la sua attenzione verso un rigorosissimo formalismo, a volte eccessivo, con la conseguenza che l’aspettativa di giustizia che il cittadino rivolge alla Corte suprema risulta frustrata da una valutazione in cui l’aspetto formale prevarica quello sostanziale».

Il vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli, ha invece sottolineato l’importanza che le decisioni dei giudici siano prevedibili: «Solo una decisione prevedibile è una decisione giusta», e «l’indipendenza del magistrato non è mai assoluta, ma trova i suoi limiti nei diritti dei cittadini».

I criteri di valutazione

Il Consiglio dei ministri ha approvato in esame preliminare due decreti legislativi di attuazione della riforma dell’ordinamento giudiziario del 2022.

Un decreto legislativo prevede la revisione dell'assetto ordinamentale della magistratura, alla razionalizzazione del funzionamento del consiglio giudiziario per assicurare la semplificazione, la trasparenza e il rigore nelle valutazioni di professionalità.

Fino ad ora si raccoglieva ogni 4 anni la documentazione utile per la valutazione del magistrato; ora il fascicolo viene alimentato costantemente e si specifica cosa deve necessariamente essere contenuto, ampliando le fonti di conoscenza ad ogni elemento suscettibile di interesse per la valutazione.

In caso di fuori ruolo, viene sospesa la progressione di carriera ed economica.

Viene inoltre dato maggiore rilievo alla sussistenza di gravi anomalie concernenti l'esito degli affari nelle successive fasi e gradi del procedimento e del giudizio.

Si è prevista la predisposizione di di moduli standard per la valutazione sulla base di specifiche voci e l'acquisizione del parere del consiglio dell'ordine degli avvocati.

In caso di valutazione non positiva o negativa, sono state ridotte le ipotesi di dispensa dal servizio, prevedendo comunque penalizzazioni economiche e di carriera per il magistrato.

I fuori ruolo

Il secondo decreto legislativo, invece, riordina la disciplina del collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili. Viene previsto il collocamento fuori ruolo obbligatorio: nel caso di incarico che non consente l'integrale svolgimento ordinario del carico di lavoro; per gli incarichi di capo e di vicecapo dell'ufficio di gabinetto, di segretario generale della presidenza del Consiglio dei ministri e dei ministeri, di capo e di vicecapo di dipartimento presso la presidenza del Consiglio dei ministri e dei ministeri o presso i consigli e le giunte regionali, oltre che direttore dell'Ufficio di gabinetto e capo segreteria di un ministro.

Il collocamento fuori ruolo potrà essere autorizzato solo se sono decorsi almeno dieci anni di effettivo esercizio delle funzioni proprie della magistratura, anche presso magistrature diverse da quella attuale di appartenenza o presso l'Avvocatura dello Stato e solo se sono decorsi meno di tre anni dal rientro in ruolo al termine di un incarico svolto fuori ruolo per un periodo superiore a cinque anni. Sono previste specifiche eccezioni e deroghe. Si individuano i contingenti massimi di magistrati che possono essere collocati fuori ruolo (ordinari: 180 unità; amministrativi: 25 unità; contabili: 25 unità).

Infine il collocamento fuori ruolo non è autorizzato quando il magistrato opera in una sede che presenti un rilevante indice di scopertura dell'organico o se il magistrato sia impegnato nella trattazione di procedimenti penali per gravi reati in avanzato stato di istruttoria rispetto ai quali il suo allontanamento possa incidere gravemente sui tempi di definizione.

L’assemblea dell’Anm

Il 26 novembre si è svolta l’assemblea dell’Anm in cui si è «rinnovata la forte preoccupazione per gli attacchi alla giurisdizione da parte di alcuni esponenti di governo in occasione dell'emissione dei primi provvedimenti applicativi della nuova legge in materia di protezione internazionale», si legge nel documento unitario approvato.

«I provvedimenti giurisdizionali possono essere certamente criticati per il loro contenuto e il loro percorso motivazionale, ma non è accettabile che vengano espressi giudizi sulla vita del magistrato che li ha emessi, ricostruendo con indagini mirate il suo passato - si legge in riferimento al caso Apostolico -. Va respinto con forza il tentativo di spostare l'attenzione dal contenuto giuridico del provvedimento alla persona del giudice che lo ha emesso. L'indipendenza della funzione giurisdizionale è il fondamento di una moderna democrazia liberale».

L’attacco di Articolo Centouno

Il gruppo associativo di Articolo Centouno torna a criticare i vertici della magistratura nella gestione delle chat di Palamara. 

Richiamando le sentenze della Corte costituzionale e della Cassazione in materia di utilizzo delle chat, scrivono che «se questi principi sono applicabili ai procedimenti disciplinari di competenza del nostro autogoverno, maggiormente devono ritenersi applicabili ai procedimenti disciplinari istruiti dal Collegio dei Probiviri dell’ANM».

Quindi l’organo potrebbe acquisire copia delle chat, «invece il Collegio dei Probiviri ha utilizzato la pronuncia della Corte Costituzionale “in combinato disposto” con la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 7.9.2023 C-162/2022 pur di arrivare ad estendere la guarentigia di cui all’art. 68 Cost. ai colleghi coinvolti nelle famigerate chat».

Inoltre, «sconcertante è l’ulteriore volo pindarico contenuto nel documento presentato il 25.11.20223 da MI nel corso dell’ultimo CDC (che ha raggiunto la maggioranza grazie ad Unicost e ad A&I) nel quale si arriva addirittura a parlare di un overruling che avrebbe “ricondotto entro la disciplina delle intercettazioni telefoniche e dell’inviolabilità della corrispondenza anche l’acquisizione delle chat e in genere delle conversazioni telematiche”».

Secondo Articolo Centouno, l’obiettivo sarebbe «mettere una pietra tombale sul nominificio avvenuto nel corso della scorsa consiliatura», «ma in fondo a che serve sanzionare il passato se anche nella consiliatura attuale è stato chiaramente e pubblicamente detto che persistono le medesime modalità di “scelta dei migliori”?».

Secondo i rappresentanti all’Anm, Cristina Carunchio, Giuliano Castiglia, Ida Moretti e Andrea Reale, si sarebbe in presenza di un «orrore etico: quello di tradire una volontà, anche inconscia, di ignorare fatti storici accaduti in epoca precedente al maggio del 2019 e quello di fornire un definitivo “colpo di spugna” sia a centinaia di condotte palesemente contrarie alla norma deontologica sia ad un modus vivendi ed agendi».

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