La luna di miele di Giorgia Meloni sta tramontando. La vittoria squillante del 25 settembre l’aveva issata su un piedestallo inarrivabile. I suoi alleati erano stati ridimensionati e il maggior partito d’opposizione, il Pd, si era attorcigliato in una delle sue tante crisi di nervi. Sull’onda del plauso di gran parte dei media e della classe dirigente, sempre pronti a omaggiare i nuovi potenti, l’esecutivo Meloni ha navigato tranquillo per molto tempo. La mitridatizzazione di alleati e avversari non poteva durare. A sinistra, la nuova, giovane segreteria di Elly Schlein rappresentava, in potenza, un’alternativa forte e l’affondo di fronte alla tragedia di Cutro faceva presagire un’azione di efficace contrasto. Non è andata così, e allo stato attuale di frammentazione dell’opposizione, Meloni non ha molto da temere da quella parte. D’altro canto, la protesta sociale, in un’Italia dormiente al contrario del resto dell’occidente, può attivarsi da un momento all’altro, improvvisamente, come accaduto in altre occasioni nel passato, e i motivi non mancano.

Ma quello che più impensierisce Meloni sono i suoi alleati. Dopo aver chinato il capo e accettato ridimensionamenti, ora sia Matteo Salvini sia il pur placido Antonio Tajani alzano la testa. Proprio quest’ultimo ha preso in mano le redini dei rapporti internazionali nella recente assemblea generale dell’Onu dove Meloni era più in gita di famiglia che impegnata a rappresentare la nazione. E sui temi economici il residuo liberismo dei forzisti ha avuto modo di farsi sentire. Salvini ha iniziato da par suo la campagna elettorale delle europee e sta mettendo in luce la contraddizione tra la narrazione securitaria, anti immigrati ed euroscettica della “Meloni di opposizione”, con il suo attuale tentativo di accreditamento europeo, tra gli incrollabili amorosi sensi con l’illiberale Viktor Orbán, a cui si aggiungono le filippiche contro i commissari Ue “antinazionali”, e l’intesa cordiale con Ursula von der Leyen. Contraddizioni che Salvini ha più credibilità dell’opposizione a far risaltare. E questo conferma la regola che i governi non vengono travolti dalla forza delle opposizioni quanto dalla loro fragilità interna.

MELONI ANNO ZERO

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