- L’autobiografia postuma di Mario Perniola scaturisce da una diagnosi: un cancro che gli concede pochi mesi di vita. Così il filosofo torinese decide di raccontare la sua vita e l’origine delle sue idee filosofiche
- Amanti, viaggi, amici intellettuali: l’esperienza interagisce con la teoria, il che accade molto raramente nei libri dei filosofi di oggi, che tendono a tacere sulle occasioni esistenziali che li hanno portati a formulare i loro concetti
- Di fronte alla morte, Perniola rompe il tabù dell’io, si mette a parlare di sé. E si rammarica di non averlo fatto prima: «Non capirai mai la teoria, se non rifletti sull’esperienza da cui è nata»
«Il 7 novembre 2016 il medico ha previsto per me una diagnosi infausta: un anno di vita». Comincia così Tiresia contro Edipo, che ha come sottotitolo Vite di un intellettuale disorganico. Il filosofo Mario Perniola, settantacinquenne, scopre di avere un cancro al pancreas. Il tempo che gli resta da vivere lo impegna nel risolvere alcune «faccende pratiche», come la sopravvivenza della rivista che ha fondato, Àgalma. E, soprattutto, si butta a scrivere questo libro, da novembre 2016 a luglio 201



