Lo scrittore inglese P.G Wodehouse è uno degli scrittori e umoristi più importanti del Novecento. Il suo Grande Volume Unico è il libro più letto al mondo. Più della Bibbia e di Pinocchio. Il suo lessico articolato compone un mondo di parole-chiave che lo disvelano in tutta la sua bellezza
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Il libro più letto del mondo non è la Bibbia, e nemmeno Pinocchio. È il Grande Volume Unico di P.G. Wodehouse. Basta chiedere un po’ in giro, anzi, non c’è bisogno di chiedere, affiora spontaneo: un po’ di Wodehouse l’hanno letto proprio tutti.
Scoperto nelle interminabili estati ragazzine, pescato dagli scaffali del nonno, accostato semplicemente perché era in casa, lì nella libreria del salotto, tra un soprammobile e una foto in cornice. È cosa buona, anche perché non c’è niente come un vecchio amico che ritrovi dopo tanto tempo, uno di quelli che non richiedono frequentazioni regolari per meritare il titolo e rinfrescarlo a ogni nuovo incontro: se è un amico di carta tanto meglio, perché è lì che ti aspetta e non recrimina se ti fai attendere.
In compenso perché si dovrebbe scrivere di Wodehouse quando ne hanno già scritto Evelyn Waugh, George Orwell, Douglas Adams, ed è tanto più semplice leggerlo (o rileggerlo) e basta? Al massimo lo si può ripassare, andando in cerca delle sue manie di scrittore, i vezzi che diventano amabili dettagli ripetuti, quei piccoli costanti cortocircuiti verbali che sono solo suoi; e si sa che uno dei più semplici e grandi conforti della lettura seriale è proprio poter e saper riconoscere qualcosa che si è già assaggiato.
Ecco allora una rapida rassegna di alcune parole-chiave del mondo di Wodehouse a partire dal mondo di Bertie Wooster e Jeeves, i suoi personaggi più noti: giusto per incuriosire le trenta persone che al Grande Volume Unico per misteriose ragioni non si sono ancora avvicinate.
Spostamenti
È somma virtù di un valletto non farsi vedere né sentire, come un bravo bambino vittoriano, ma essere sempre a un passo in caso di necessità. Ciò spiega il peculiare modo di spostarsi di Jeeves da una stanza all’altra.
Difficile che Jeeves semplicemente arrivi, convocato da un richiamo o un campanello se non evocato dal pensiero. Il suo moto è raccontato con verbi carichi di suggestione: lui non cammina, semmai balugina, pattina, trotterella, tremola via.
È come se si dissolvesse e si ricomponesse a piacere, ed essendo lui l’idea dell’assistente perfetto, questo suo esserci-non esserci è a sua volta perfetto. Risulta particolarmente utile quando bisogna fare i bagagli in quattro e quattr’otto e lui compare, perché il mondo di Wooster è una festa mobile che sempre chiama, bisogna essere pronti a prendere treni, auto, transatlantici, a predisporre in un istante vaste borse alla Mary Poppins o bauli in cui infilare comodi tweed, spencer da sera e almeno un costume - da Sindbad sì, da Pierrot giammai - per l’eventualità di una festa in maschera.
Quando gli spostamenti sono più a largo raggio, dalla metropoli alla campagna o viceversa, talvolta il valletto viaggia nella due posti di Wooster da Wooster stesso guidata, ma più spesso preferisce arrivare con calma in treno: si corrono meno rischi.
Citazioni e scrittori
P.G. Wodehouse possedeva un’istruzione formale di alto livello, avendo frequentato serissime scuole private. Bertie Wooster, come P.G., ha studiato in ottime scuole che gli hanno fornito le giuste conoscenze e amicizie per la vita con allegri scioperati come lui, però ha la testa come un setaccio.
Dei suoi voti non sappiamo (a parte un curioso premio ottenuto da ragazzo per la conoscenza della Bibbia che spiega la sua preparazione in fatto di asini e profeti), però abbiamo molto chiara la confusione che alberga nella sua memoria quando si tratta di fare citazioni: anche se ricorre a un semplice modo di dire riesce a metterci del suo, e così di uno sbirro disoccupato dice che “morde il freno come un’aquila in gabbia” confondendo pennuti e destrieri nel suo personalissimo serraglio, oppure parla di un’anima “armata fino ai denti degli occhi”, evocando sinistre figure gotiche, o ancora descrive fastidiosi uccelli che “addentano la mano di chi li ha nutriti”.
Figurarsi quando passa alla letteratura. Bertie scambia allegramente Tennyson con Longfellow, inverte e deforma versi, e nei confronti di Shakespeare nutre una certa ambivalenza. È affezionato a un passo di Macbeth che non ricorda mai in modo preciso ma ritiene adatto a tutte le stagioni, a giudicare dalla frequenza con cui lo infila nei suoi discorsi: c’entrano il non oso, il vorrei e un povero gatto, e spetta sempre a Jeeves rettificare e completare. (Dove invece abbia studiato quest’ultimo non è dato sapere, certo non a Eton, Harrow od Oxbridge; probabilmente downstairs o in un quartierino accanto alle stanze di Wooster. O forse è nato così: Jeeves semplicemente sa.)
Da uomo di mondo, Wooster frequenta abitualmente giornalisti e scrittori, e ha le idee chiare sulle loro peculiarità. “Mettete un autore al volante, e la sua naturale goffaggine sembra intensificarsi.” “Dubito che si possa mai contare sul fatto che un autore non si renda ridicolo.” E ancora: “Sono tutti più o meno svitati”: bisogna capirli, e non resta che perdonarli. Vale anche per il già menzionato Shakespeare: “Parecchio squilibrato.” O ancora: “Non puoi credere a quello che dice una ragazza quando te ne dice quattro perché ti sei reso ridicolo. È come Shakespeare. Suona bene, ma non vuol dire nulla.” E anche il Bardo è sistemato.
Comiche
I romanzi di Wodehouse raggiungono l’apice del successo nell’era delle comiche. Slapstick, la parola inglese che definisce quel genere di gag, è bella e suona bene: fa il clac clac di quel doppio bastone di legno (che noi associamo ad Arlecchino, Arlechin batocio), il batacchio, con cui si finge di picchiarsi a teatro. Porta in sé il fragore di uno schiaffo non troppo doloroso e anche quel muoversi sincopato e accelerato che associamo al bianco e nero di Buster Keaton e delle Allegre canaglie.
Il picchiato perlopiù se lo merita, ma l’accanimento nei suoi confronti è di breve durata, e in genere a subire le più dolorose sferzate (all’orgoglio) è Bertie. I cattivi non sono mai proprio cattivi, al massimo sono troppo: troppo ricchi, presuntuosi, potenti e compiaciuti, semplicemente troppo antipatici.
Con una tetra seppur ridicola eccezione: nel Codice dei Wooster, datato 1938, ora in libreria nella nuova edizione Sellerio, il robusto bullo Roderick Spode, “un omone coi baffetti e il tipo di sguardo che può aprire un’ostrica a sessanta passi di distanza”, non è solo un rude prepotente, è anche un aspirante dittatore che si è inventato il movimento delle Braghette Nere, così denominate “perché le camicie nere le avevano già prese”.
Tornando a cose leggere, l’aristocratico zio acquisito Percy viene preso a colpi di mazza da hockey (dove non fa troppo male) dal di lui stesso figlio, il ragazzino Edwin che un’overdose di fervore scoutesco trasforma in pericolo ambulante; anche Bertie subisce le perniciose attenzioni di Edwin, ma del resto lui aveva sei anni quando ha colpito la sua tata in testa con un padellino, e chi di padellino ferisce eccetera.
Dove c’è Bertie c’è gente nascosta in armadi, stipata in capanni del giardiniere, infilata sotto i letti, in fuga a cavalcioni di finestre dei piani alti; qualche volta ci sono anche lenzuola annodate per calarsi meglio. O incendi che radono al suolo cottage e affumicano i vicini. O biciclette da inforcare per fare inutili giri notturni nel bosco in cerca di chiavi che non servono: povero Bertie, zimbello una volta, zimbello sempre. Anche di Jeeves, con rispetto parlando, signore.
Forze dell’ordine
Il piedipiatti inglese è un feroce difensore della legalità e di conseguenza un nemico giurato di chi ama sfidare le regole o semplicemente ignorarle. Bertie Wooster ha avuto i suoi screzi con la giustizia: l’inclinazione alla burla e allo schiamazzo l’ha reso passibile di multe e ammonimenti.
Ciò non ha mitigato la sua insofferenza per l’ordine costituito né ha addolcito il suo sguardo sui rappresentanti delle autorità, ridotti dal suo sguardo a travet intrisi di zelo se sono semplici poliziotti con le loro divise che incarnano “l’orrenda pompa della Legge”, elevati a tiranni se tengono saldo il potere e lo esercitano senza pietà. Dai suoi scontri con gli uni e gli altri esce sconvolto, sfinito, ma soprattutto sconcertato.
“«Perché sei vestito da poliziotto?».
«Io sono un poliziotto».
«Un poliziotto?».
«Sì».
«Quando dici poliziotto», ho chiesto a Stilton, lambiccandomi, «intendi poliziotto?».
«Sì».
«Tu sei un poliziotto?».
«Sì, che ti prenda un colpo. Sei sordo? Io sono un poliziotto».
Ma certo. Lui era un poliziotto.”
Cibo e bevande
A parte quando è un po’ farcito, come dice lui, dopo una nottata con gli amici del club, Bertie Wooster è di gusti semplici: pane tostato, aringhe, un’omelette ogni tanto, una tazza di tè e uno dei prodigiosi toccasana di Jeeves per dissipare i fumi dell’alcol sono un ottimo modo per cominciare la giornata.
Ha solo un debole per la cucina francese, quella di Anatole, lo chef della zia Dahlia a Brinkley Court: per saperlo in perenne servizio laggiù farebbe qualunque cosa. O la farebbe fare a Jeeves.
Umanità
Bertie Wooster ha molti difetti, da perdigiorno qual è, ma vanta una virtù indubbia: la capacità di osservare l’essere umano nelle sue manifestazioni più alte e più vili. Molto spesso il suo simile è assimilato a una creatura marina: “medusa umana”, “espressione ittica”, “pupilla da pesce” sono esempi di rapidi, efficaci bozzetti.
Le ragazze in genere sono pericolose (anche se non leggono; di più se leggono); gradevoli da guardare (“oggi le ginocchia non sono più un segreto”), sono pronte a trasformarsi da delicate innocue creature in esseri freddi e cinici se è in gioco l’orgoglio, o semplicemente se sono arrabbiate.
“Quando una ragazza usa sette aggettivi dispregiativi nel tentativo di dipingere il ritratto dell’amato, vuol dire qualcosa. Un solo aggettivo potrebbe segnalare una baruffa temporanea. Sette è roba grossa.” Fanno e disfano e rifanno fidanzamenti, a volte anche con la stessa persona; e se detta persona è Bertie il pericolo incombe. Ma a sposarsi sono i suoi amici dai buffi nomi, e lui si sfila sempre all’ultimo.
Wodehouse aveva venti zie e quindici zii, che hanno lasciato in lui una traccia indelebile e il desiderio di perpetuarli in caratteri indimenticabili. Le congiunte più importanti nella vita di Wooster sono due: Dahlia, “la mia zia buona e degna”, da non confondersi con “la zia Agatha, che mastica bottiglie rotte e indossa filo spinato sulla pelle nuda”.
Entrambe hanno mariti facoltosi e svagati, entrambe sono ingombranti, esigenti e qualche volta salvifiche, ma certo molto evitabili. Quanto ai bambini, in genere sono cugini e cuginastri, mocciosi privi di ritegno dediti a scherzi che divertono soltanto loro: in questo non molto diversi da Bertram stesso, che infatti, riconoscendo in loro i segnali della sua antica inclinazione alla burla, cerca di girare al largo. Non sempre ci riesce; e quasi sempre è il bambino che ha la meglio. Bella gara.
Feudalesimo
“Pensa feudale, Jeeves”. Attitudine feudale, spirito feudale, feudale assistenza, prontezza da scudiero: è a questi principi che Bertie Wooster vorrebbe che Jeeves ispirasse il suo comportamento. Un domestico cieco e sottomesso non gli sarebbe di alcuna utilità, e lui lo sa bene, però questo non gli impedisce di trattare Jeeves con un misto di fanciullesca fiducia e autentica stima (arriva a definirlo un uomo di ferro) temperate da un naturale distacco di classe.
Bertie ha una visione lombrosiana delle capacità di Jeeves, e spesso invita gli astanti ad ammirare il prodigioso cranio del valletto che tutti gli invidiano: “Che testa! Una misura nove e tre quarti, direi”. Una testa che si allarga sul retro come una grossa lampadina e contiene tutto il cervello necessario a risolvere i problemi di casa Wooster col contributo di ingenti dosi di fosforo. Infatti Jeeves ama il pesce e ama pescare: tutto torna. È anche per questo che lui di solito, a differenza di Bertie e di tutti noi, sa.
Per la traduzione e la cura di Beatrice Masini Sellerio sta ripubblicando la saga più iconica della letteratura umoristica di tutti i tempi. Già usciti Alla buon'ora Jeeves!, Grazie, Jeeves e ora con Il codice dei Wooster il terzo capitolo della saga.
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