I conservatori britannici sono pronti a scegliere il loro nuovo leader che avrà il compito di guidare il Regno Unito dopo Boris Johnson. Oggi 5 settembre, infatti, si saprà il risultato della votazione interna tra i circa 160mila iscritti al partito che hanno dovuto scegliere tra la Foreign secretary Liz Truss e l’ex Cancelliere Rishi Sunak. Le primarie erano partite a luglio, dopo la sfiducia e le dimissioni a cui era stato costretto Johnson, con una rosa di contendenti ben più ampia che via via si è ridotta.

Truss contro Sunak

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La suspense però sembra non esserci più da diverso tempo. I sondaggi, infatti, danno quasi per certa la vittoria della 47enne Truss con un notevole distacco rispetto a Sunak. YouGov, il 19 agosto, dava la ministra al 66 per cento contro il 34 di Sunak. Una previsione che non sorprende più di tanto, vista la feroce campagna condotta dalla ministra degli Esteri in queste settimane, portata avanti proprio per convincere la base elettorale più dura composta dagli iscritti.

Truss ha fatto poco per nascondere la volontà di porsi come diretta erede di Margaret Thatcher, promettendo consistenti tagli di tasse e interventi per ridimensionare i costi dei dipendenti pubblici con l’obiettivo di colpire gli sprechi. Una mossa che non è piaciuta a diversi settori della popolazione britannica tanto da costringere la conservatrice a ritrattare. Tuttavia i tentativi di emulare la Lady di ferro, al potere dal 1979 al 1990, non si sono fermati a proposte economiche, tanto che per colpire visivamente il proprio elettorato Truss ha optato in eventi e dibattiti anche sull’apparenza, con la scelta di vestiti simili a quelli di Thatcher.

Il 42enne Sunak, che negli ultimi giorni è riuscito a recuperare qualche timido punto percentuale di consenso, ha invece puntato sulle risposte all’inflazione dilagante (arrivata a più del 10 per cento) e sui sostegni per imprese e famiglie contro il caro energia. Al contrario di Truss che ha allontanato l’ipotesi di razionamenti energetici, Sunak ha invece ammesso che non è possibile scartare nessuna opzione, prediligendo il fattore “verità”. Ma il milionario britannico di origini indiane ha anche spinto su temi, come l’immigrazione e la sicurezza, non indifferenti agli occhi dei conservatori.

Ai ferri corti con Bruxelles ed Edimburgo

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Oltre a politiche interne ed economiche, la probabile nuova premier del Regno Unito ha fatto capire quale sarà il suo approccio nei confronti di due dossier particolarmente cari a Londra: il rapporto con l’Unione europea e le relazioni con la Scozia scossa da spinte indipendentiste.

Truss, da ministra, ha sostenuto la proposta di legge per sospendere unilateralmente il protocollo nordirlandese, base degli accordi post Brexit con Bruxelles. E da candidata premier ha promesso intransigenza nelle trattative con l’Ue. Secondo il Financial Times, infatti, già nei primi giorni a Downing Street Truss potrebbe pensare di attivare l’articolo 16 del protocollo, cioè di sospenderlo, aumentando la tensione con l’Unione europea e avvicinando lo spettro di una guerra commerciale tra un lato e l’altro della Manica. Per questo la prospettiva di una Truss vincente non alletta particolarmente Bruxelles.

Truss non ha risparmiato neanche i “cugini” scozzesi. Parlando della First minister di Edimburgo Nicola Sturgeon, Truss ha infatti promesso che la cosa migliore da fare è «ignorarla». Una frase che conferma la posizione contraria dei Tories all’indipendenza, sottolineata sia dalla ministra che da Sunak. D’altronde i conservatori scozzesi, a cui era rivolto il messaggio di Truss, mal digeriscono il potere dello Scottish national party di Sturgeon che all’inizio dell’estate aveva chiesto ufficialmente un secondo referendum sull’indipendenza, dopo quello fallito del 2014.

La politica estera di Truss tra Francia, Usa e Ucraina

FILE - Liz Truss during a hustings event in Darlington, England, Aug. 9, 2022, as part of the campaign to be leader of the Conservative Party and the next prime minister. While inflation and recession fears weigh heavily on the minds of voters, another issue is popping up in political campaigns from the U.K. and Australia to the U.S. and beyond: the “China threat." The two finalists vying to become Britain's next prime minister, Liz Truss and Rishi Sunak, clashed in a televised debate last month over who would be toughest on China. (Danny Lawson/PA via AP, File)

In campo internazionale, visto il suo ruolo governativo, Truss ha un vantaggio rispetto a Sunak: è già conosciuta. La Foreign secretary ha usato parole tutt’altro che gentili nei confronti del presidente francese Emmanuel Macron, dichiarando di non sapere con certezza se sia «un amico o un nemico» di Londra. Frasi che non sono piaciute al capo dell’Eliseo che ha risposto affermando che Francia e Regno Unito sono paesi alleati e amici, nonostante le dichiarazioni sbagliate di alcuni leader. I rapporti tra Parigi e Londra negli ultimi mesi non sono stati così brillanti, per via di diverse questioni in sospeso, come i flussi migratori nel canale della Manica o le controversie riguardo i diritti di pesca per le imbarcazioni francesi, che hanno diviso i due paesi.

Un altro alleato storico con cui potrebbe sorgere qualche attrito è Washington. Nel settembre 2021, quando Truss ha incontrato il segretario di stato americano Antony Blinken, i toni non sarebbero stati così cordiali come di solito avviene tra i rappresentanti dei due paesi, secondo quanto ha riportato il Financial Times. Inoltre, l’amministrazione democratica di Joe Biden non vede di buon occhio le posizioni radicali di Truss riguardo il protocollo post Brexit, con il conseguente rischio di instabilità nell’isola irlandese, tanto cara agli occhi di Washington.

Sulla guerra in Ucraina e sul contrasto all’ascesa della Cina, invece, c’è una sostanziale convergenza di vedute tra Truss e Washington. L’intenzione della probabile nuova premier britannica è di proseguire con l’incondizionato sostegno economico e militare a Kiev per difendersi dall’invasione russa. Una politica fortemente voluta da Boris Johnson. Inoltre, dalla Cina ci sarebbe ben più di qualche naso storto per la nomina di Truss, che a fine agosto ha fatto trapelare la volontà di rimodellare la politica estera del paese e di inserire Pechino tra le minacce per la sicurezza nazionale del Regno Unito.

L’ombra di Boris Johnson

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Parte dello svantaggio di Sunak sembra essere causa del suo comportamento verso il premier uscente. Con la sua lettera di dimissioni, infatti, è partita la girandola di defezioni nel governo che ha portato Boris Johnson a fare un passo indietro. Un “tradimento” che non è piaciuto alla base del partito conservatore. Anche perché, come emerso sempre dal sondaggio di YouGov, la stima registrata tra gli iscritti verso BoJo è ancora molto alta, nonostante i diversi scandali. Se ci fosse stato anche lui a competere per la leadership dei Tories avrebbe vinto con il 46 per cento delle preferenze contro il 24 di Truss e il 23 di Sunak. 

Johnson, nonostante rimarrà con ogni probabilità fuori dal prossimo governo, potrebbe far pesare questa sua popolarità tra gli elettori. Per il partito conservatore, infatti, superata la questione interna, si aprirà il nodo delle elezioni nazionali previste nel 2024, dove partono indietro rispetto ai laburisti di Keir Starmer. Per questo BoJo potrebbe ancora dire la sua, prima o dopo le urne.

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