La decisione dell’Alta corte di Londra è una rara buona notizia per Julian Assange e per tutti coloro che difendono la libertà di stampa. L’Alta corte ha correttamente concluso che, in caso di estradizione negli Usa, Assange rischierebbe gravi violazioni dei diritti umani come l’isolamento prolungato, in contrasto col divieto di tortura e altri maltrattamenti.

Il tentativo degli Stati Uniti di processare Assange mette in pericolo la libertà di stampa nel mondo e ridicolizza gli obblighi di diritto internazionale degli Usa e il loro conclamato impegno in favore della libertà d’espressione.

Col tentativo di metterlo in prigione, gli Usa stanno inviando un messaggio chiaro: non hanno rispetto per la libertà d’espressione e minacciano i giornalisti ovunque nel mondo che potrebbero essere presi di mira a loro volta, solo per aver ricevuto e diffuso informazioni riservate e pur avendolo fatto in nome dell’interesse pubblico..

appello a Biden

Mentre nei tribunali britannici continuerà la battaglia legale, chiediamo agli Usa di porre finalmente termine a questa vergognosa saga, annullando tutte le accuse nei confronti di Assange. Questo significherebbe fermare il procedimento giudiziario negli Usa e la libertà di Assange, che ha già trascorso cinque anni in carcere.

Anche perché le condizioni di salute di Assange sono, come noto, pessime. Anche in quest’occasione non ha potuto essere presente all’udienza e quindi questa saga infinita che gli Stati Uniti vogliono portare avanti rischia di produrre danni, questa volta non con un’estradizione che sembrava imminente, ma con un ulteriore peggioramento delle condizioni di salute di Assange.

Quello che ci vorrebbe è un atto di coraggio (o meglio, di giustizia) da parte di Joe Biden. Se il presidente americano vuole essere ricordato per qualcosa di buono nel campo della libertà di espressione, prima che termini il suo mandato, una cosa ha da fare: porre fine a questa persecuzione giudiziaria ritirando le accuse e annullando il mandato di estradizione.

libertà di stampa in pericolo

Va aggiunta un’altra questione, perché in questi anni si è sempre detto «se Assange verrà estradato sarà un colpo mortale per la libertà di informazione e per il giornalismo investigativo» e questo rimane assolutamente vero e da scongiurare. Tuttavia, già in questi anni in cui Assange è stato messo sotto accusa, additato come un nemico, una spia e un traditore, il potere intimidatorio di questa azione da parte degli Stati Uniti si è fatto sentire.

Lo dimostrano i dati di Amnesty International e di altri osservatori sulla libertà di stampa. Il giornalismo che indaga sugli abusi di potere, sui crimini di guerra, sulla corruzione e sulla commistione tra istituzioni e criminalità organizzata è in pericolo. Ci sono tante vicende simili a quella di Assange in luoghi meno illuminati e in situazioni che costituiscono accanimento e persecuzione giudiziaria. Penso a quanto accade in Messico e in diversi Stati dell’Africa subsahariana, ma anche alla repressione del giornalismo investigativo in stati del Nord Africa come l'Algeria e la Tunisia.

Da ultimo, ma non meno importante, stiamo vedendo qualcosa di simile anche nel nostro paese. La vicenda che interessa tre giornalisti di questo giornale ha elementi molto vicini alla vicenda di Assange. Ricevere informazioni di contenuto più o meno sensibile da fonti esterne e pubblicarle, quando queste informazioni si ritiene siano di interesse pubblico, comporta una persecuzione giudiziaria.

Assange fa scuola, mentre la sua vicenda giudiziaria è ancora in corso e non si è conclusa. Questo ci dice ancora una volta perché sia importante che quella vicenda si concluda presto e bene.

Gli Stati Uniti hanno voluto fare di Assange un esempio, un caso da manuale di cosa può succedere a chi mette il naso dove non dovrebbe, a chi rompe la regola del silenzio e sfida la cultura dell’impunità.

Per questo motivo, deve arrivare in tutti i modi un messaggio contrario: il giornalismo non è un reato, rendere noti i misfatti del potere è un’attività fondamentale per le società democratiche e pluraliste che rispettano i diritti umani.

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