Ricordando le vittime delle foibe, è necessario «riconnettere alla storia italiana quel capitolo tragico e trascurato, a volte persino colpevolmente rimosso», ha detto il presidente della Repubblica sui fatti avvenuti sul confine orientale italiano dopo la seconda guerra mondiale
Una «occasione solenne, che invita a riflettere su pagine buie del nostro passato, per conservare e rinnovare la memoria delle sofferenze degli italiani d'Istria, di Fiume, della Dalmazia, in un periodo tragicamente tormentato della storia d’Europa». Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, durante la cerimonia per il Giorno del Ricordo in memoria delle vittime delle Foibe, tenutasi al Quirinale nella mattina di lunedì 10 febbraio.
Mattarella ha ricordato come dopo «l’oppressione fascista, responsabile di una politica duramente segregazionista nei confronti delle popolazioni slave, e la barbara occupazione nazista, si instaurò la dittatura comunista di Tito, inaugurando una spietata stagione di violenza contro gli italiani residenti in quelle zone». «La memoria storica – ha continuato – è un atto di fondamentale importanza per la vita di ogni stato, di ogni comunità. Ogni perdita, ogni sacrificio, ogni ingiustizia devono essere ricordati. Troppo a lungo “foiba” e “infoibare” furono sinonimi di occultamento della storia. La memoria delle vittime deve essere preservata e onorata. Naturalmente – dopo tanti decenni e in condizioni storiche e politiche profondamente mutate - perderebbe il suo valore autentico se fosse asservita alla ripresa di divisioni o di rancori».
Erano presenti alla cerimonia al Quirinale, oltre al presidente della Repubblica, la premier Giorgia Meloni, il presidente del Senato Ignazio La Russa, il vicepremier Antonio Tajani e i ministri Matteo Piantedosi, Andrea Abodi e Alessandro Giuli.
L’istituzione della giornata del Ricordo nel 2004 «ha contribuito a riconnettere alla storia italiana quel capitolo tragico e trascurato, a volte persino colpevolmente rimosso», anche sottovalutando o disconoscendo la vicenda degli esuli, ha sottolineato Mattarella. «Stenti, sistemazioni precarie, povertà, ma soprattutto diffusa indifferenza, diffidenza. Financo ostilità da parte di forze e partiti che si richiamavano, in Italia, alla stessa ideologia comunista di Tito», ha detto rispetto al trattamento riservato agli esuli.
Trecentomila uomini, donne e bambini che scelsero di andarsene dalle terre in cui erano nati: «Scelsero di non rinunciare alla loro italianità e, di fatto, alle libertà, di pensiero, di culto, di parola», ha detto Mattarella.
Dopo aver ascoltato le testimonianze dirette di Egea Haffner e Giulio Marongiu, Mattarella ha sottolineato: «Nelle esemplari parole che ci hanno offerto, si coglie un forte ammonimento per la pacificazione e la riconciliazione». La giornata del Ricordo serve a preservare la memoria delle vittime: «Naturalmente - dopo tanti decenni e in condizioni storiche e politiche profondamente mutate - perderebbe il suo valore autentico se fosse asservita alla ripresa di divisioni o di rancori», ha sottolineato il presidente della Repubblica.
La foiba di Basovizza
Sabato la foiba di Basovizza, in cui furono gettati centinaia di italiani, tedeschi, ma anche sloveni e croati, è stata vandalizzata con tre scritte in lingua slava, tra cui «Trieste è nostra» e «Trieste è un pozzo». Il presidente della Repubblica, commentando la vicenda, ha affermato che «Nessuna squallida provocazione può ridurne ricordo e dura condanna» di quanto accadde a cavallo del secondo dopoguerra. Lunedì a Trieste la cerimonia al Sacrario della foiba di Basovizza, Monumento nazionale, con la presenza anche del ministro della Giustizia, Carlo Nordio.
La pace dei settant’anni
Nella seconda guerra mondiale allo scontro tra nazioni si è sommato «il virus micidiale delle ideologie totalitarie, della sopraffazione etnica, del nazionalismo aggressivo, del razzismo, che si accanì con crudeltà contro le popolazioni civili, specialmente contro i gruppi che venivano definiti minoranze», ha ricordato il presidente della Repubblica.
Mattarella ha anche ricordato l’importanza, storica e attuale, del progetto europeo: «Il progressivo allargamento della famiglia europea ha conseguito risultati giudicati fino a qualche decennio fa impensabili. Si è trattato di un percorso che, in Europa, ha visto il ribaltamento della pretesa di dominazione, di secoli di guerre fratricide e rovinose. Un percorso che ha ricomposto lacerazioni profonde, grazie alla cooperazione e al multilateralismo, permettendo l'affermazione dei valori della libertà, dell'uguaglianza, della democrazia, del rispetto dello Stato di diritto. La pace dei settant'anni! Nell'auspicio che prosegua costantemente, sempre più a lungo». Mattarella ha poi invitato all’impegno europeo per favorire l’ingresso di altri Paesi nell’Ue, come Ucraina e Moldova.
Mantenere viva la memoria
Mattarella ha parlato anche delle nuove generazioni, invitando i presenti a non deluderle. Dicendo che i più giovani hanno ben compreso le sfide attuali, ha sottolineato: «Abbiamo il dovere di non deluderli e di continuare a operare con coraggio. A sperare, a non rassegnarci. Soltanto così potremo trasmettere ai giovani, idealmente, in questa Giornata del Ricordo - insieme all'orgoglio di una conseguita identità europea, tanto propria alle culture dei popoli del confine orientale - il testimone della speranza, incoraggiandoli a mantenere viva la memoria storica delle sofferenze patite da loro connazionali, adoperandosi perché vengano evitati errori e colpe del passato, promuovendo, ovunque rispetto e collaborazione».
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