Da una settimana la maggioranza di governo è alle prese con uno scontro con la giudice di Catania, Iolanda Apostolico. Cominciato con un post su Facebook della premier Giorgia Meloni, a cavalcarlo ora è il leader della Lega, Matteo Salvini.

Cosa è successo

Il 2 ottobre la giudice civile del tribunale di Catania, sezione immigrazine, Iolanda Apostolico, deposita una ordinanza in cui non convalida il trattenimento di un migrante nel cpr anche se non è in grado di pagare la cauzione da 5000 euro, disapplicando così il decreto delegato del governo che la prevede. Nelle motivazioni, spiega che la disapplicazione discende dal fatto che le norme sono, a suo avviso, in contrasto con le direttive dell’Ue.

La premier Meloni posta su facebook un commento in cui scrive che «Sono rimasta basita di fronte alla sentenza del giudice di Catania, che con motivazioni incredibili (“le caratteristiche fisiche del migrante, che i cercatori d'oro in Tunisia considerano favorevoli allo svolgimento della loro attività”) rimette in libertà un immigrato illegale, già destinatario di un provvedimento di espulsione, dichiarando unilateralmente la Tunisia paese non sicuro (compito che non spetta alla magistratura) e scagliandosi contro i provvedimenti di un governo democraticamente eletto».

Anche Salvini immediatamente attacca, riprendendo un articolo del Giornale in cui si fa presente che sulla pagina Facebook di Apostolico ci sono dei post di appoggio alla ong Open Arms: «Le notizie sull’orientamento politico del giudice che non ha convalidato il fermo degli immigrati sono gravi ma purtroppo non sorprendenti».

Il commento sul fatto che un provvedimento giudiziario possa essere «contro un governo democraticamente eletto» e gli attacchi politici di Salvini fanno insorgere l’Anm di Catania e anche l’associazione nazionale, in difesa della toga. L’Anm locale scrive che la collega è «persona perbene che ha lavorato nel rispetto delle leggi». La giudice Apostolico aggiunge: «Il mio provvedimento è impugnabile con ricorso per Cassazione, non devo stare a difenderlo. Non rientra nei miei compiti. E poi non si deve trasformare una questione giuridica in una vicenda personale».

Nel frattempo, anche altri giudici decidono in maniera analoga a come fatto da Apostolico. Il ministero dell’Interno annuncia che impugnerà in Cassazione tutte le ordinanze.

Il mistero del video

Ad aumentare il livello di conflittualità, però, interviene Salvini, che posta sui suoi social un video in cui si vede la magistrata Apostolico a un corteo del 2018 per protestare contro il governo che non faceva sbarcare i migranti a bordo della nave Diciotti (all’epoca Salvini era ministro dell’Interno).

Per Salvini è la dimostrazione che la magistrata ha pregiudizi personali nei confronti delle posizioni del governo e che questo la rende non imparziale per giudicare questioni legate all’immigrazione.

A ruota lo seguono tutti gli esponenti della Lega, che attaccano la magistrata – chiedendone le dimissioni – e suo marito, funzionario in tribunale, che sulla sua pagina Facebook scrive commenti negativi su Salvini.

Presto, però, emerge una nuova questione: da dove proviene il video condiviso da Salvini?

Le immagini, infatti, sono riprese da dietro il cordone di polizia dove i giornalisti non possono stare e sono inedite. L’ipotesi che si fa strada è che siano state riprese da una telecamera di un membro delle forze dell’ordine, ma non è chiaro come Salvini ne sia entrato in possesso. La domanda successiva, quindi, è se esista una centrale di dossieraggio, visto che la magistrata in piazza cinque anni prima non era stata formalmente identificata.

La polizia ha immediatamente negato che il video fosse contenuto negli atti ufficiali. Il Verde Angelo Bonelli, tuttavia, ha presentato una denuncia in procura a Roma, dove è stato aperto un fascicolo per accertamenti.

Nel frattempo, però, viene reso noto alle agenzie di stampa che un carabiniere si sarebbe autodenunciato ai suoi superiori, dicendo di aver realizzato lui il video e di averlo condiviso, e nei suoi confronti sarebbe scattato un procedimento disciplinare.

Due giorni dopo, però, il nuovo colpo di scena: G. B. (le iniziali del militare) ingaggia l’avvocato Cristian Petrina, specializzato in diritto militare, e si rivolge al Sim, il “Sindacato italiano militari carabinieri”: «Esclude categoricamente che lo stesso abbia mai comunicato ai propri superiori di esserne l’autore». Fonti vicine a G. B. riferiscono che il militare non sappia nulla di questo video, che non è certamente lui l’autore delle riprese e che è una vera bufala che sia andato ad autodenunciarsi ai superiori per qualcosa che non ha fatto.

I fatti sono questi: G.B. si sarebbe vantato con alcuni suoi colleghi di essere l’autore del video e di averlo inviato su alcune chat, i custodi di questa confidenza hanno, però, deciso di segnalarlo al comando provinciale dei carabinieri di Catania, i quali hanno inviato una nota in procura. In pratica G.B. è stato segnalato dai altri carabinieri, tra questi anche un superiore, che hanno considerato quella confessione poco goliardica e molto compromettente. Così per tutelarsi hanno attivato i più alti in grado. Solo in seguito alla segnalazione, e senza sentire la versione di G.B, il comando ha scritto tutto in una relazione ora sul tavolo dei pm.

Del resto, il video è girato da dietro il cordone di sicurezza e il servizio d’ordine al porto di Catania in occasione della manifestazione era svolto dalla polizia. Improbabile quindi la presenza di un membro di un altro corpo.

Le reazioni dei magistrati

Lo scontro ha prodotto reazioni forti ma anche spaccature all’interno del mondo giudiziario.

Subito dopo i fatti, 13 togati del Csm hanno sottoscritto la richiesta all’ufficio di presidenza di una pratica a tutela della giudice. Hanno firmato Area, Magistratura democratica, Unicost e i due indipendenti, mentre hanno fatto mancare l’appoggio i 7 togati conservatori di Magistratura indipendente. 

In una nota, hanno spiegato che hanno ritenuto di non intervenire «per non alimentare ulteriormente la dannosa contrapposizione tra istituzioni democratiche in atto, fermo restando il doveroso rispetto delle decisioni giurisdizionali e l'auspicio che la legittima critica degli stessi abbia a oggetto il loro contenuto. La militanza politica non ci appartiene».

La pratica non è stata ancora discussa al Csm, dove indiscrezioni avrebbero fatto trapelare anche l’ipotesi di un procedimento disciplinare a carico di Apostolico, ma il ministero della Giustizia ha negato.

Intanto, però, accanto alle toghe progressiste (Md ha espresso con un comunicato autonomo vicinanza e solidarietà alla giudice) anche 100 giuristi hanno firmato una nota in difesa di Apostolico.

«L'attacco del governo, e in particolare del ministro Matteo Salvini, alla giudice Iolanda Apostolico per la mancata convalida - ampiamente motivata sulla base del diritto e della giurisprudenza europea - della privazione della libertà di tre migranti decisa dal questore, è un'aperta aggressione a due fondamentali principi della Costituzione repubblicana: la separazione dei poteri e l'indipendenza della giurisdizione è la libertà di riunione esercitata dalla cittadina Apostolico con la sua partecipazione - documentata con l'ausilio di un'illegittima operazione di dossieraggio - a una manifestazione di protesta contro le pesanti lesioni dei diritti dei migranti», si legge nel documento che ha come primo firmatario Luigi Ferrajoli. L'aggressione alla libertà d partecipazione «mirata oggi contro Iolanda Apostolico, minaccia potenzialmente l'esercizio dei diritti politici di tutti e tutte». 

Le reazioni del governo

Al netto delle reazioni politiche del centrodestra, anche il governo è stato investito della vicenda a causa del video pubblicato da Matteo Salvini.

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, attraverso il suo ufficio ispettivo, ha avviato un accertamento preliminare nei confronti della giudice.

L’atto, ha specificato Nordio, punta solo ad «acquisire articoli di stampa e pubblicazioni sui social media relativi alla giudice di Catania» così da poter rispondere a «quattro interrogazioni parlamentari» e quindi «non si tratta di un accertamento ispettivo né tanto meno dell’avvio di un’azione disciplinare». In ogni caso il ministero potrà chiedere, anche in seguito a quanto potrà emergere da queste acquisizioni, di promuovere un procedimento disciplinare davanti al Csm, la cui titolarità di azione spetta però sempre al procuratore generale di Cassazione, Luigi Salvato.

Il ministero dell’Interno, invece, ha risposto a due question time alla Camera e al Senato.

Alla Camera il sottosegretario Nicola Molteni ha detto che la polizia di stato può raccogliere i video, qualora sia necessario, «con dispositivi di ripresa privati, quando non sono disponibili strumenti adatti». In questi casi «le riprese devono essere trasferite su memoria digitale dell’ufficio e cancellate dal dispositivo personale».

Quanto alla disciplina, Molteni ha chiarito che «il trattamento dei video è fatto dalla polizia scientifica, sulla durata di conservazione delle immagini si prevedono diversi tempi, con possibilità di allungamento connessa ad attività repressiva». Le immagini video della polizia, tuttavia, «non sono sottoposte a pratiche per l’identificazione facciale». Inoltre, «non esiste un archivio informatico delle riprese nelle manifestazioni e gli uffici di polizia non conservano i video non ufficiali».

Al Senato, il ministro Matteo Piantedosi è stato telegrafico: «Il video che ritrae Apostolico in una manifestazione pubblica non proviene da documentazione della questura di Catania, in nessuno degli atti redatti all’epoca è menzionata la dottoressa e la questura, dopo aver acquisito le riprese ufficiali, inoltrò segnalazione all’autorità giudiziaria senza individuare responsabilità penali», inoltre «gli uffici di polizia non detengono nè conservano immagini non ufficiali e le riprese non utili non sono depositate nè conservate in alcun archivio informatico, nessuna delle immagini infine viene sottoposta a elaborazioni informatiche a fini identificativi». Risposte esattamente sovrapponibili a quelle date alla Camera ma che sorvolano sulla risposta alla domanda principale: da dove può essere uscito allora il video di Salvini?

Cosa succede adesso?

Il caso apre due diversi filoni di dibattito: il primo è sulla provenienza del video, sul rischio che esista una centrale di dossieraggio – negata con forza dal Viminale – o se si tratti solo di un caso fortuito; il secondo riguarda il diritto di parola dei magistrati e se la loro imparzialità venga messa in discussione da comportamenti pubblici.

Il dibattito è aperto e la questione potrebbe non essere chiusa nè a livello parlamentare – sono state anticipate nuove interrogazoni da parte dell’opposizione – nè al Csm.

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