In Tre ciotole, Murgia vuole capire se la narrativa sia duttile abbastanza da ospitare entrambi i fratricidi demoni gemelli del suo talento. Vuole verificare che la lirica della sua prosa più solenne non renda meno sillabato e spietato il senso politico di quel che vuole dire quando prende la penna in mano
Il motore conoscitivo che anima Tre ciotole, Mondadori, il libro di sortilegi che Michela Murgia ha confezionato nell’ultima, formidabile e sincopata stagione creativa della sua vita mortale, è semplice, come tutti i meccanismi davvero infallibili. Murgia vuole capire se la narrativa sia duttile abbastanza da ospitare, senza deformarli, entrambi i fratricidi demoni gemelli del suo talento, irriducibilmente doppio come quelli di certi poeti che, anche, dipingevano, o giravano film o, per dir



