Il 14 ottobre la Nazionale italiana di calcio affronterà Israele a Udine, in una partita valida per le qualificazioni ai Mondiali del 2026. Il match è al centro di forti polemiche: da mesi si chiede l’esclusione di Israele dalle competizioni organizzate da Fifa e Uefa per quello che sta succedendo nella Striscia di Gaza. Al momento i massimi organi calcistici non sembrano orientati ad assecondare tale richiesta. Gruppi eterogenei di manifestanti hanno annunciato che ci saranno proteste fuori dallo stadio e c’è anche chi chiede all’Italia di boicottare la partita: questa opzione significherebbe dire addio ai Mondiali.

Nella nostra newsletter quotidiana, Oggi è Domani, abbiamo chiesto ai nostri lettori e alle nostre lettrici cosa dovrebbero fare gli azzurri. Ecco cosa è emerso.

LA PARTITA SI FA

Secondo alcuni dei nostri lettori e lettrici, la partita è da giocare. «La Nazionale deve scendere in campo» è il commento che accomuna le risposte dei “pro-match”. In molti ritengono che non serva a niente «compromettere un obiettivo sportivo importante come la qualificazione ai Mondiali di calcio», considerando anche il fallimento passato «per due volte di fila». «Non è il modo giusto», si legge in una delle risposte che ci sono arrivate, definendolo un «criterio moralista».

Della stessa scuola di pensiero sono i lettori e le lettrici per cui «lo sport non deve avere ragioni politiche», anche se vista la gravità di quanto successo negli ultimi due anni è necessario che l’Italia faccia capire da che parte stanno i propri cittadini. A detta di molti i giocatori «dovrebbero presentarsi con una fascia nera al braccio in segno di lutto», per altri «sarebbe bello se ci fossero cinque minuti di silenzio prima della partita» e chi ancora suggerisce di «riempire lo stadio di bandiere della Palestina».

Piccoli gesti per far comprendere a tutti da che parte sta l’Italia, secondo le risposte arrivate, e «che non danneggeranno il cammino sportivo degli azzurri nella competizione». Così forse, scrive un lettore, «a quel punto sarà la nazionale di Israele che non vorrà scendere in campo».

LA PARTITA NON S’HA DA FARE

«L’Italia non deve presentarsi». Questa rimane però l’opinione della maggior parte dei nostri lettori e delle nostre lettrici. «Il boicottaggio si fa anche così e sarebbe un messaggio davvero potente», si legge in una delle risposte. In molti ci scrivono che scendere in campo sarebbe un errore, anche perché, dopo le manifestazioni per le strade delle scorse settimane, «il calcio farebbe una pessima figura», sostiene un lettore.

«Sono gli interessi degli enti a farla da padrone - continua - ma sono poi i calciatori a gestire di fatto il gioco se sono liberi e umani, e, in questo caso, devono restare umani». L’invito del lettore è quello di mostrarsi tali anche di fronte ai tifosi «che li vedranno finalmente capaci anche di trasmettere valori positivi ai nostri ragazzi che amano questo bel gioco».

Paragoni e casi del passato

Alcuni dei nostri lettori e lettrici sottolineano una somiglianza che in molti, dopo anni di invasione di Gaza, hanno ricordato: «Se si escludono dalle competizioni gli atleti russi a causa della guerra all'Ucraina perché non si dovrebbero escludere quelli israeliani?». Ecco perché la partita non si dovrebbe fare, sostiene questo lettore. Dello stesso parere anche una seconda risposta che parla di «due pesi e due misure». «La vita delle persone che sono morte deve avere un valore. Bambini, donne e anziani morti sotto le bombe. Il denaro non può valere più di una vita».

C’è a chi torna alla mente un esempio illustre del passato, come il campione olandese Johan Cruijff. L’ex capitano degli Orange, come è chiamata la Nazionale di Amsterdam, «si rifiutò di giocare in Argentina sotto il regime militare che ospitava la Coppa del mondo. Non è tanto una questione politica quanto di decenza umana. Se la federazione o la squadra non riescono a prendere una decisione basata sui loro principi, lasciamo che i giocatori facciano la cosa giusta secondo loro».

Almeno ci fa pensare

Un nostro lettore, che si firma con il nome di Andrea, ha espresso un’opinione che va in parte aldilà di ogni schieramento. Invita a riflettere sull’occasione che la partita offre a tutti, quella di pensare. Un messaggio che riportiamo integralmente:

«Il pensarci è un bel passo in avanti. E allora penso. La situazione è intricata ed è sbagliato ridurla a un evento singolo, come il lancio di una monetina su un a campo di pallone. Tuttavia, una vocina da dentro mi dice che questa non è "solo una partita", e fingere il contrario mi renderebbe ipocrita. E allora ci devo pensare, quell'aria limpida che dissipa la placida e letale foschia mentale che ricopre la nostra giornata passata anche a informarsi, forse. Non ci sono alternative, stavolta devo, dobbiamo, dovete pensarci, anche se forse stiamo tutti seduti in una stanza virtuale dove aleggia il puzzo necrotico di un grande errore di fondo, foriero di una domanda semplice: e se aveste 8, 14 o 18 anni avreste ancora di questi dubbi? Io oggi, a 53 anni, me lo chiedo, la mia vocina mi spinge a farlo. Se la decisione fosse la mia non scenderei in campo e farei pressioni come federazione perché la squadra di Israele venga esclusa dall’intera competizione. Pensare che sia "solo una partita" non funziona, e fare una dichiarazione politica tanto pregna di morale, senza poi dar seguito con altrettanto forti azioni politiche nelle sedi opportune non funziona. In sintesi, nessuna delle due soluzioni è pulita, ma una delle due sembra davvero molto più sporca».

GLI ALTRI SONDAGGI

La settimana scorsa abbiamo chiesto ai nostri lettori se sia giusto che le scuole indichino agli studenti cosa indossare in classe: ci sono i sostenitori del dress code «sobrio» e chi invece difende la libere espressione dell’identità.

In precedenza avevamo chiesto se l’aumento dei prezzi avesse cambiato le abitudini degli italiani al supermercato: per molti il carrello della spesa non è più quello di un tempo, con tecniche ingegnose per arginare il problema.

Ancor prima abbiamo chiesto in quanti avessero cambiato le proprie abitudini di vacanza durante l’estate: c’è chi non ha fatto ferie per i prezzi elevati e chi invece ha scelto di andare all’estero.

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