Allen, Follett, Lemaitre: escono libri che promettono bene. Però l’età media degli autori è di 74 anni. Dopo Redford se ne va Cardinale. Il mondo è ancora meno bello, ma l’Ia aiuta a trovare somiglianze
Domenica scorsa
Alessandra Zucconi ha letto Clementina di Giuliana Salvi e scrive: «Essendo edito da Einaudi, che non manda certo in pasto al pubblico opere fatue, non mi aspettavo di trovarmi dinanzi ad un testo che mi è sembrato banale. Una scrittura priva di personalità, soffocata da una paratassi esasperante e da un uso di termini dialettali e gergali piuttosto artificioso».
La lettrice, «sicura di non aver capito lo spirito, la sostanza intima di questo testo», garantito dal «marchio Einaudi», sarebbe «lieta e curiosa di leggere sulle colonne di Domani qualcosa di diverso».
Apro Clementina e leggo: «– Tu stai fissata coi capelli toi e mo li devi tagliare? E proprio a me lo devi chiedere? Tagliateli da sola se hai coraggio – . Posa la pittula sul piatto, mette giù la schiumarola e le tocca i capelli. – Ancora morbidi sono. All’età tua dovrebbero essere ispidi e rari. Come i miei.
– Tieni le mani unte.
Maria lascia andare la ciocca. – Domani. Se stai ancora convinta te li taglio domani.
Clementina alza il calice di Negramaro, le due donne fanno tintinnare i bicchieri, occhi negli occhi, e buttano giù quel che rimane del vino».
Poi irrompe sulla scena, «tutto sudato», tale Francesco e urla: «Giuliana ha perso le acque!».
Chiudo il libro. Mi fermo qui (come un Dik Dik). Jep Gambardella in La grande bellezza dice: «La più consistente scoperta che ho fatto pochi giorni dopo aver compiuto 65 anni è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare». Avendo qualche anno in più di Jep, si figuri, gentile lettrice, se posso perdere tempo con romanzi su nonne, bisnonne (tale è Clementina, la protagonista, per l’autrice), e catanonne.
La letteratura è morta e all’Einaudi non si sentono molto bene?
Lascio la letteratura al suo destino e mi rifugio in cucina. Ricetta Bimby del vitello tonnato rivisitato. Nella versione canonica richiede 25 ore tra marinatura e riposi vari. Quella rivisitata, invece, prevede solo cinque ore di cottura lenta sottovuoto.
P.S. La cena, devo dire, era squisita.
Lunedì
La letteratura è risorta. Escono libri che promettono molto: Che succede a Baum?, il primo romanzo di Woody Allen (La nave di Teseo), Il sol dell’avvenire di Pierre Lemaitre (Mondadori) e Il cerchio dei giorni di Ken Follett (Mondadori). Età media degli autori 74 anni. La letteratura non è un mestiere per giovani? L’unico capitale di uno scrittore è la memoria (Graham Greene).
Apro il primo romanzo di Allen: «Negli ultimi tempi Asher Baum aveva cominciato a parlare con sé stesso. Non erano solo i borbottii occasionali di chi cerca di chiarirsi le idee o di tranquillizzarsi prima di un’ardua impresa. Né si trattava di illusorie rese dei conti con persone immaginarie, del passato o del presente. Ciò avrebbe fatto di lui uno svitato, un tipo strambo; ma non lo era».
Leggo e sento una voce che conosco. È quella di Moses Herzog, il protagonista dell’omonimo capolavoro di Saul Bellow. La musica della grande letteratura ebraico-americana che ho amato moltissimo: Philip Roth, Bernard Malamud, Isaac Bashevis Singer. Voci che hanno accompagnato la mia formazione e che ancora oggi risuonano come vecchi strumenti ben accordati.
Martedì
La memoria di notte scava cunicoli come le talpe. Mi sveglio pensando a un settembre di molti anni fa, quando conobbi a Diamante (alto Tirreno calabrese) un rabbino di Londra. Si chiamava Philip Leibowitz. Ricordo a settembre, quando ero bambino, partiti i villeggianti, Diamante si trasformava in una specie di set di Shtisel, la serie tv (succede ancora oggi). Si vedevano sul lungomare rabbini ortodossi arrivati da sinagoghe di tutto il mondo.
Barba lunga, riccioli, intabarrati in redingote nere, cappello calcato in testa, malgrado il caldo ancora forte, venivano per selezionare (previo esame con la lente d’ingrandimento alla Sherlock Holmes) i cedri giusti per il Sukkot, la festa delle capanne. Poi li avvolgevano uno alla volta nella canapa e li deponevano in cassette di legno. Una tradizione antichissima, ancora viva. I rabbini scelgono i frutti perfetti, quelli che, dicono, brillano come diamanti.
Philip Leibowitz era lì per questo. Alloggiava nel mio stesso albergo e scoprimmo di amare gli stessi scrittori (Bellow, Roth, ecc.). A un certo punto mi chiese perché li adorassi tanto. «Per la loro bravura», risposi. Allora il rabbino mi domandò se conoscevo il cognome da nubile di mia nonna materna. Glielo dissi e lui disse: «Ami così tanto questi scrittori perché sei ebreo e non lo sapevi».
Così sono i romanzi veri, come quello di Woody Allen: ti contagiano, ti prendono per incantamento e ti portano lontano, dentro te stesso. L’unico capitale di un lettore è la memoria (Anonimo cosentino).
P.S. ma finirò a scrivere di mia nonna come gli scrittori italiani di oggi?
Mercoledì
Stamattina ho fondato il premio Winston Churchill per il discorso politico più bello. Ho riunito la giuria (cioè me stesso) e l’ho assegnato a Gianni Cuperlo per la sua stupenda orazione di ieri alla Camera per la commemorazione (di pura malafede) di Charlie Kirk. Sono soltanto mille parole quelle di Cuperlo e splendono alte come il sole, volano come aquile sulla miseria politica attuale: «Solo chi non prova vergogna può titolare un giornale “Assassinato a colpi di Bella ciao” perché non si è squadristi solo col manganello in mano; lo si è nell’uso delle parole come badili».
La sinistra ha finalmente un leader (e non sapeva di averlo come io non sapevo di essere ebreo).
Giovedì
La scorsa settimana avevo scritto in questo diario che il mondo era meno bello perché Robert Redford era morto nel sonno. Poi avevo sfogliato le prime pagine dei giornali italiani e stranieri per vedere come ricordavano il grande attore. È stato il mio modo di salutarlo.
Anche ieri il mondo ha perso bellezza, quella invincibile di Claudia Cardinale. Ho sfogliato ancora le prime pagine: «Adiós a Claudia, musa legendaria del cine italiano» (El País); «Une actrice de légende» (Le Figaro); «Punto Cardinale» (La Stampa), «Die letzte der Großen Diven» (Die Welt, “L’ultima delle grandi dive”); «Leyenda del cine» (Clarín); «Bellezza ribelle del cinema italiano» (la Repubblica); «Musa de Visconti y Fellini» (El Mundo); «Eine Naturgewalt in Frauenkleidern» (Frankfurter Allgemeine, “Una forza della natura in abiti femminili”, titolo molto tedesco ma molto vero).
Venerdì
La foto della settimana è quella pubblicata da Alessandro Baricco sui social: maglietta di Giambattista Moschino (vecchio 10 del Torino) e una bandiera in spalla con scritto «Cairo vattene». Il Post nota che la foto di Alessandro Baricco è stata ripresa «da molti giornali e siti di news, ma non da quelli di Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport, i quotidiani di proprietà di Urbano Cairo».
E aggiunge: «Non è una cosa nuova: sui quotidiani di Cairo, che sono rispettivamente il più diffuso giornale generalista e quello sportivo in Italia, l’argomento “crisi del Torino” è quasi sempre evitato e anzi la squadra viene raccontata spesso con toni entusiastici che risultano stranianti rispetto alla situazione reale». È così, Brecht, maestro dello straniamento, non avrebbe saputo far meglio.
Pensando alle somiglianze chiedo conferma all’intelligenza artificiale su quella tra Cuperlo e Redford. Me la conferma, punto per punto. Capelli: «Il colore (biondo-rosso/castano chiaro) e spesso il tipo di pettinatura, un po’ folta e mossa, sono gli elementi che saltano più all’occhio». Struttura del viso: «Entrambi hanno una mascella pronunciata e una forma del volto che, in certe angolazioni e in determinate fotografie, può apparire simile». E anche nello sguardo c’è una luce comune «di tipo intellettuale o riflessivo». Conclusione dell’Ia: «La somiglianza è particolarmente evidente se si confronta Gianni Cuperlo di qualche anno fa con il Robert Redford degli anni Settanta e Ottanta».
Il Redford di I tre giorni del Condor che si baciava appassionatamente con Faye Dunaway.
Per scrivere ad Antonio D’Orrico: lettori@editorialedomani.it
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