«Mai più casi Almasri». Così la deputata del Partito democratico Laura Boldrini ha iniziato la presentazione alla Camera della nuova proposta di legge per introdurre un Codice dei crimini internazionali. Questo testo porta a «un cambio di paradigma», spiega Boldrini, «introducendo la giurisdizione universale». Cioè, qualsiasi persona, di qualsiasi nazionalità, sospettata di aver commesso un crimine di guerra o un crimine contro l’umanità, può essere indagata, arrestata o processata in Italia. 

Il caso Almasri, il torturatore libico prima arrestato su mandato della Corte penale internazionale e poi rilasciato e rimandato a Tripoli con un aereo di stato, «è una vergogna per il nostro paese», continua la deputata. L’Italia ha ospitato la conferenza di Roma nel 1998 e dato il nome allo statuto della Cpi. «Se avessimo avuto questa legge qualche mese fa, l’Italia avrebbe potuto processarlo e le vittime delle sue torture, dei suoi stupri, delle sue violenze avrebbero avuto giustizia», dice Boldrini.

Sono molti i paesi dell’Unione europea – come Belgio, Francia, Germania, Svezia – che prevedono all’interno del loro ordinamento questa disciplina. È di pochi giorni fa la notizia di un gruppo di soldati israeliani, accusati di crimini di guerra a Gaza, arrestati in Belgio dopo la denuncia da parte di due organizzazioni per i diritti umani.

Con il Codice dei crimini internazionali, il presidente russo Vladimir Putin, il premier israeliano Benjamin Netanyahu, l’ex ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, «tutti accusati di crimini di guerra e contro l’umanità, se venissero in Italia, dovrebbero rispondere dei loro crimini davanti a un giudice italiano», spiega la deputata, che considera importante questo intervento visti gli attacchi al diritto internazionale e alla stessa Cpi, la delegittimazione del multilateralismo e la dilagante impunità di fronte ai crimini internazionali, come quelli in corso a Gaza

Oltre ad Almasri, con queste disposizioni «sarebbe stato arrestato anche lo psichiatra Radovan Karadžić, condannato per genocidio dal tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia», spiega il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury. Amnesty «chiede a tutti gli stati di contrastare l’impunità ricorrendo al principio della giurisdizione universale».

Come è emerso nel caso del libico, gli stati parte dello Statuto di Roma hanno l’obbligo di cooperare con la Corte e di avere nel proprio ordinamento procedure idonee ad assicurare che questa cooperazione sia effettiva. Se venisse approvato il codice, si applicherebbe anche il principio della complementarietà, secondo cui i giudici internazionali interverrebbero solo di fronte all’inerzia dei meccanismi giudiziari nazionali.

Il codice

Non è la prima volta che si prova a introdurre norme di questo tipo nell’ordinamento italiano, ma tutti i tentativi sono finora naufragati. L’ultimo risale al governo Draghi, con Marta Cartabia ministra della Giustizia. È su quella bozza che questa proposta, a prima firma Boldrini, poggia le basi. Anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio aveva annunciato l’introduzione del codice, una promessa a cui, sottolinea la deputata, «non è stato dato seguito».

Alla stesura del testo, che il Pd spera riceverà l’appoggio anche della maggioranza, hanno collaborato diversi esperti come la professoressa Alessandra Annoni e i professori Triestino Mariniello e Antonio Marchesi.

Tra i 71 articoli, il titolo II prevede crimini di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra, attribuiti al giudice ordinario e non alla giustizia militare per un’«ineludibile uniformità di trattamento» e «una più puntuale aderenza agli obblighi internazionali». Nello specifico è la corte di assise a essere competente, per gli adulti, mentre il tribunale per i minorenni per i crimini commessi da chi ha meno di 18 anni.

I reati

All’articolo 18 vengono perseguiti i crimini per genocidio, nei confronti di chi «al fine di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale, religioso o linguistico come tale» e agisce con condotte «dirette a provocare la distruzione anche parziale del gruppo stesso.

A questo, spiega Mariniello, docente di Diritto penale internazionale alla John Moores University di Liverpool e rappresentante legale delle vittime di Gaza alla Cpi, si affianca il reato di genocidio culturale che punisce chi «costringe più persone appartenenti al gruppo a privazioni della libertà personale», deportazioni, misure di tracciamento o sorveglianza di massa, di indottrinamento forzato o «ad altre misure o condizioni di vita comunque idonee a rimuovere i caratteri culturali, linguistici o religiosi del gruppo». Così come chiunque imponga obblighi o divieti «riguardanti pratiche religiose, spirituali o culturali, la formazione scolastica o l’uso della lingua, idonei a rimuovere i caratteri culturali, linguistici o religiosi del gruppo».

L’omicidio, lo sterminio, le lesioni personali gravi o gravissime, la riduzione in schiavitù, lo stupro, il matrimonio forzato, la tortura, la deportazione o il trasferimento forzato sono alcuni dei crimini contro l’umanità previsti dal codice. Molti reati sono già puniti dal codice penale, ma diventano crimini contro l’umanità «se commessi come parte di un attacco esteso o sistematico contro una popolazione civile in esecuzione o a sostegno di un programma di uno stato o di un’organizzazione».

«Gli atti isolati di tortura e di stupro continueranno a esse puniti ai sensi delle disposizioni del codice penale ma non sono in grado di catturare il disvalore tipico dei crimini contro l’umanità», precisa Alessandra Annoni, professoressa ordinaria di diritto internazionale all’università di Ferrara. Cioè «quando sono perpetrati nel contesto di un piano deliberato, sono crimini che scioccano la coscienza dell’umanità», prosegue, «e qualunque stato ha interesse ad assicurarne la punizione». Un interesse, spiega Annoni, che non può considerarsi affievolito con il passare del tempo, per questo non può intervenire la prescrizione.

Infine, per crimini di guerra si intendono le gravi violazioni del diritto umanitario, che racchiude le regole che si applicano durante i conflitti armati, assicurando la tutela dei civili, dei prigionieri, dei combattenti feriti, dei naufraghi. Tra le fattispecie, la cattura di ostaggi, il trasferimento forzato di popolazione civile, così come la privazione di mezzi di sopravvivenza, «fattispecie che riecheggiano anche nelle cronache in questo periodo», dice Annoni.

Questi reati, a differenza di quelli contro l’umanità, non si distinguono per la sistematicità ma per la qualità del soggetto passivo. In altre parole, la vittima è una persona protetta dalle norme di diritto umanitario. Quindi, anche un singolo omicidio può costituire un crimine di guerra. 

© Riproduzione riservata