Dal presidente monito alla destra: sempre attuali i valori che l’hanno ispirata. Pagliarulo, Anpi: «Il diritto a manifestare l’hanno conquistato i partigiani». Landini, Cgil: «Papa Francesco ci ha detto di lottare e fare rumore»
«È sempre tempo di Resistenza, ecco perché sono sempre attuali i valori che l’hanno ispirata», dice Sergio Mattarella dal palco del Teatro Ivo Chiesa, a Genova, città medaglia d’oro al valor militare, l’unica che si liberò da sé; cioè la liberarono i partigiani, ai quali si arresero i tedeschi.
«La Resistenza e la libertà sono fiori che non muoiono», dice a Roma lo striscione di apertura del corteo dell’Anpi. Dal Colle più alto alle strade delle città – duemila iniziative, nonostante qualche divieto di qualche amministrazione locale – l’80esimo anniversario della Liberazione ha più o meno le stesse parole.
Festa «sobria», ovviamente, per rispetto al lutto nazionale deciso dal governo per la morte di papa Francesco: ma la prescrizione di «sobrietà», scritta nero su bianco da palazzo Chigi, diventa la barzelletta nazionale. «Non mi pare che qui da noi qualcuno abbia bevuto», taglia corto Maurizio Landini, leader Cgil, all’avvio del corteo di Milano. «Qui non siamo al Papeete», ci va giù duro il presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo. «Antifascisti sempre, sobri ogni morte di papa», dice uno striscione romano. È tutto un fiorire di battute e lazzi.
Alla fine è una grande giornata di festa nazionale, cittadini che sfilano accanto alle proprie istituzioni. Le piazze annunciate “calde” si raffreddano: a Roma il corteo si divide al Ponte Spizzichino, l’Anpi e le associazioni si dirigono al Parco Schuster, dove parla il sindaco Roberto Gualtieri e, fra gli altri, l’indomabile 95enne Luciana Romoli, staffetta partigiana «Luce». L’altro spezzone, 300 giovani propal (sigle di studenti e sindacati di base, l’Arci di Roma) si dirige a Porta San Paolo.
Dove, in mattinata, la Brigata ebraica ha reso omaggio alle lapidi dei caduti. Ma nessun contatto né tensione: la polizia ha parcheggiato una muraglia di blindati. E poi nessuno ha voglia di fare casino: la bara ancora aperta di un papa amato dai movimenti illumina tutti.
Al Parco Schuster c’è un manifesto con un gran faccione di Francesco. Sorride a don Mattia Ferrari, che dal palco dice: «Fascismo sono i respingimenti dei migranti». In via della Conciliazione i cronisti fermano Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale, vicinissimo al papa. Li saluta così: «È la Liberazione! Ricordiamoci della Liberazione». Al quartiere San Lorenzo, dove nel pomeriggio parte la Festa della Resistenza voluta dal sindaco Roberto Gualtieri e dall’assessore alla Cultura Massimiliano Smeriglio, parla monsignor Renato Tarantelli Baccari, Vescovo Ausiliare di Roma. Che il 25 aprile avrebbe contenuto naturalmente un grande omaggio a Francesco era ovvio. Solo la destra poteva far finta di non capirlo.
Mattarella: sempre Resistenza
Di mattina a Roma, Mattarella rende omaggio all’Altare della Patria. C’è anche la premier, in scarpe da ginnastica. Poi il presidente vola a Genova. Da dove pronuncia un discorso potentissimo. Difende l’Europa, torna sul manifesto di Ventotene, qualche settimana fa sbeffeggiato da Giorgia Meloni: «Dalle diverse Resistenze nacque l’idea dell’Europa dei popoli, oggi incarnata dalla sovranità popolare espressa dal parlamento di Strasburgo. Furono esponenti antifascisti coloro che elaborarono l’idea d’Europa unita, contro la tragedia dei nazionalismi che avevano scatenato le guerre civili europee».
Rende omaggio al papa: «Ci ha esortato a superare “conflitti anacronistici” ricordandoci che ogni generazione deve far proprie le lotte e le conquiste delle generazioni precedenti e condurle a mete ancora più alte».
Spiega che la Resistenza «si pose l’obiettivo di raggiungere la pace come condizione normale delle relazioni fra popoli. In gioco erano le ragioni della vita contro l’esaltazione del culto della morte, posto come disperata consegna dalle bande repubblichine».
Che oggi «l’esercizio democratico» è la sostanza della «nostra libertà». Fa un appello: «Non possiamo arrenderci all’astensionismo degli elettori, a una democrazia a bassa intensità. Anche per rispettare i sacrifici che il nostro popolo ha dovuto sopportare per tornare a essere cittadini, titolari di diritti di libertà».
Milano Bella ciao
In giornata i cortei attraversano tutte le città, quelle grandi come Palermo, Napoli, Bari, quelle piccole. A Genazzano di Roma il sindaco lo aveva vietato, ma il Pd regionale, in testa il segretario Daniele Leodori, c’è andato, il corteo si è fatto.
A Trieste tensioni fra manifestanti e polizia. Nel pomeriggio la scena se la prende il corteo nazionale di Milano. Un serpentone infinito, slogan diversi – c’è chi chiede la pace, chi dice no al riarmo, chi difende l’Ucraina – per gli organizzatori sono 90mila i partecipanti. Ci sono i leader della sinistra, Elly Schlein del Pd, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli di Avs, Maurizio Acerbo del Prc. Riccardo Magi e +Europa hanno portato le bandiere italiane referendarie, quelle con il «Sì» alla cittadinanza.
Giuseppe Conte è rimasto a Roma, ha reso omaggio alle Fosse Ardeatine. Ma il protagonismo è tutto della piazza. C’è qualche tensione all’inizio del corteo: i giovani propal ne pretendono la testa, ma poi si fanno di lato, in prima fila resta l’Anpi. Che sfilerà al fianco di un gruppo di donne palestinesi. Non arriva in piazza Duomo, per ragioni di sicurezza, lo spezzone della Brigata Ebraica, che raccoglie la consueta – e sempre inascoltabile – contestazione all’angolo di San Babila.
Ma le brutte notizie quest’anno per fortuna finiscono qui. Anche qui, dal palco, tiene banco lo sfottò al governo: «Glielo diciamo con la sobrietà necessaria», dice Landini, «la democrazia e la libertà esistono in questo paese grazie agli antifascisti che ci hanno dato la libertà», «Quando abbiamo incontrato papa Francesco ci ha detto di fare rumore e di combattere sempre le disuguaglianze».
Pagliarulo si rivolge al ministro dell’Interno: «Ad Ascoli Piceno la proprietaria di una panetteria, nipote di due partigiani, ha esposto come ogni anno questo cartello: “25 aprile, buono come il pane, bello come l'antifascismo”. È stata identificata dalla polizia. Sono gli effetti del pacchetto sicurezza: caro ministro Piantedosi, datti una regolata».
E comunque: «Le manifestazioni del 25 aprile non sono consentite, sono state conquistate con il sangue dei partigiani e delle partigiane. Sobrietà vuol dire buongusto ed è la misura degli antifascisti». Il bilancio lo fa Primo Minelli, presidente dell’Anpi milanese: «È stata una manifestazione unitaria, partecipata, pacifica e antifascista».
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