Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, fin dall’inizio della pandemia si è detta favorevole ai vaccini: «Non sono no vax, sono contro l’obbligo vaccinale». Martedì Lucio Malan, ex berlusconiano, ora senatore Fratelli d’Italia ha chiesto che il Senato, dove si discute del decreto super green pass, ascoltasse Giorgio Agamben e Alberto Donzelli.

Agamben, che non avrebbe bisogno di presentazioni, è un filosofo che insieme al collega Massimo Cacciari è diventato in breve tempo una delle più autorevoli voci no pass se non no vax del paese; ha scritto l’articolo L'invenzione di una epidemia, in cui attacca le «frenetiche, irrazionali e del tutto immotivate misure di emergenza per una supposta epidemia dovuta al virus».

Per Donzelli basta dire che l’ultima volta che è stato audito a Palazzo Madama ha sostenuto che «l’incentivazione alla vaccinazione di massa non ha basi scientifiche». Due posizioni che confliggono decisamente.

È il paradigma della grande ambiguità di Meloni e del suo partito: vaccinisti con dubbi da buon padri e madri di famiglia da un lato, mentre dall’altro strizzano l’occhio al movimento no vax che considerano un robusto bacino di voti dal quale provare ad attingere.

Basti pensare che l’edizione natalizia di Atreju, tradizionale kermesse del partito, si tiene sotto il cielo di piazza Risorgimento a Roma, minacciato dalla pioggia e intirizzito da temperature insolitamente rigide per la capitale, una scelta contro intuitiva dettata anche dal fatto che in tal modo per accedervi non è necessario il super green pass, se non per la tensostruttura centrale, ma solo quando piove e si chiudono le incerate.

Questa contraddizione di fondo pervade anche gli scranni parlamentari. La maggioranza dei deputati e senatori di FdI, secondo quanto risulta a Domani, è pro vaccino. C’è poi «una piccola minoranza», riferisce una fonte del partito, che cavalca le linee di difesa del micro mondo anti su tutto.

Nelle chat interne gli animi più oltranzisti fanno rumore, anche se si tratta di una minoranza, i parlamentari pro vax le leggono con assonnato stupore. Secondo il deputato Marcello Gemmato, che è anche farmacista, «forse c’è stato un misunderstanding generale, non siamo mai stati contro i vaccini e non appoggiamo quelle tesi, siamo stati il primo partito a presentare un piano vaccinale».

È a sua firma la norma approvata l’anno scorso, durante l’esame della legge di Bilancio, per somministrare i vaccini in farmacia. Eppure, nei mesi scorsi alcuni parlamentari, seguendo la linea meloniana, si sono prestati a strizzare l’occhio ai no vax.

Il capogruppo a Montecitorio Francesco Lollobrigida, 49 anni, laureato in giurisprudenza, e a onor del vero vaccinato con Johnson&Johnson, in un’intervista a Repubblica sosteneva che gli under 40 non dovrebbero vaccinarsi «perché la letalità è inesistente».

Un compagno di partito lo giustifica definendolo un «dubbioso ragionevole». Il deputato milanese Marco Osnato cerca di fugare qualsiasi dubbio: «Credo che la larghissima maggioranza dei nostri parlamentari sia vaccinata, sono convinto che ci sia solo qualche timore, ma assolutamente non serpeggia un’ideologia no vax».

La linea che dal partito viene riferita a Domani è che «tutta la classe dirigente si riconosce nelle posizioni espresse da Giorgia Meloni» e che «Fratelli d'Italia non ha no vax fra i suoi parlamentari o dirigenti apicali e ha sempre avuto un approccio logico e scientifico, a differenza dei governi che si sono susseguiti». Si aggiunge che «abbiamo espresso contrarietà motivata sul green pass come attuato in Italia. In quanto opposizione poniamo domande, a fomentare i no vax sono le scelte a volte irrazionali e senza senso assunte dalle istituzioni».

Un’ambiguità latente

01/12/2021 Roma, conferenza stampa di Fratelli d'Italia per presentare le priorita' nella legge di bilancio, nella foto Giorgia Meloni

Per capire la linea ambigua del partito di origine missina si deve tornare indietro di alcuni mesi. Durante il governo Conte II, all’inizio della campagna vaccinale quando le dosi per l’Italia faticavano ad arrivare, dai banchi dell’opposizione Giorgia Meloni faceva le pulci all’esecutivo chiedendo quando sarebbe partita la campagna vaccinale.

Lamentava i ritardi sulle forniture e sulla distribuzione, prendendo di mira l’organizzazione dell’allora commissario all’emergenza Domerico Arcuri. «Nel dibattito vacciniamoci sì o no nessuno chiede quando arriverà questo vaccino», diceva la leader il 16 dicembre 2020. Dopo un primo periodo di assestamento, la carenza e i ritardi sulla consegna delle dosi hanno smesso di essere un argomento utile per mettere in difficoltà il governo.

È in quello stesso periodo che hanno iniziato a prendere forma anche le prime teorie no vax dai diversi accenti complottisti, embrionali rispetto ad oggi, che via via si sono sempre più diffuse. Meloni non ha mai rinnegato la sua posizione iniziale, che poi è anche quella che scorre nelle vene dei suoi gruppi parlamentari: sì al vaccino. Ma da allora ha iniziato a giocare sul confine sottilissimo dell'ambiguità.

Un sottofondo di equivocità utilizzato come strumento politico, tradotto in posizioni che strizzano l’occhio a quella rumorosa minoranza che con i più variegati toni accusa uno stato di dittatura sanitariaNel 55esimo rapporto sulla situazione sociale del paese, il Censis dice che ad oggi sono 3 milioni di italiani (il 5,9 per cento) a sostenere che il Covid non esista. Addirittura il 10,9 per cento ritiene il vaccino inutile.

Contro tutto

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A marzo 2021, nel frattempo il governo è cambiato, alla guida c’è Mario Draghi. Meloni fin da subito si dichiara all’opposizione, ma coltiva un rapporto dialettico con il premier per accreditarsi come interlocutrice pressoché unica dell’opposizione ed evitare una conventio ad excludendum nei confronti del suo partito. Raramente il bersaglio dei suoi attacchi è il presidente del Consiglio e, viceversa, il premier la legittima.

In quel periodo Meloni inizia a mette in discussione le autorità sanitarie che vagliano la sicurezza dei farmaci in somministrazione, l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) e l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) in particolare. Intervenendo a Porta a porta, l’11 marzo, dice: «Dobbiamo lasciare ai cittadini non solo la libertà vaccinale, ma anche di scegliere il vaccino e questo si fa se ne hai diversi a disposizione. Ci sono tanti vaccini nel mondo, non possiamo aspettare che Ema o Aifa ci dicano se si possono fare o meno».

Insiste sul tema delle cure alternative, cavallo di battaglia della bolla no-vax: «Ricordo al ministro Roberto Speranza che secondo le norme sul consenso informato se uno rifiuta un farmaco il medico deve dare alternative», diceva Meloni il 16 marzo.

A fine mese nelle sue parole risuona altro grande argomento del mondo complottista: la segretezza intorno ai contratti d’acquisto stipulati dall’Ue con Pfizer e Moderna. «I documenti sono coperti da moltissimi omissis e sono tanti i capitoli che rimangono segreti».

Con il passare del tempo FdI si schiera contro il green pass, tra i tanti che prendono la parola c’è Federico Mollicone, deputato ed ex consigliere comunale di Roma, che sostiene che le certificazioni verdi sono incostituzionali e «presentano rischi per i diritti e le libertà personali».

A luglio 2021 Meloni inizia a porsi dubbi sull’efficacia del vaccino: «I vaccinati contagiano e possono essere contagiati oppure no?». Nello stesso periodo incalzata dalle tante contraddizioni è costretta a precisare: «Ho detto che mi vaccino, non vi preoccupate. Chiaro?». Chiarissimo. È lei stessa, però, a solleticare i dubbi di quanti pensano che il vaccino non sia efficace nel tempo.

Giovanni Toti, presidente della regione Liguria e leader di Coraggio Italia, a un certo punto sente la necessità di lanciare un appello sia a FdI sia alla linea ufficiale della Lega, quella di Matteo Salvini, che contiene le stesse contraddizioni: «Io lo dico a tutto il centrodestra. Per tanto, troppo tempo, ci si è limitati a trovare consenso con la protesta, sui migranti, sull’Europa, questo non è il momento di strizzare l’occhio ai no vax. Il vaccino è un dovere morale».

Il vaccino non è in discussione

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Pur coltivando costantemente la parte più oltranzista fra chi la vota, Meloni non ha mai retrocesso dalla sua posizione di convinto appoggio ai vaccini e alla campagna di somministrazione. Ponendo tuttavia costantemente l’accento sugli aspetti problematici della questione, come le somministrazioni ai bambini: «Ho fatto vaccinare mia madre ma non penso che farò vaccinare mia figlia che ha cinque anni».

In sostanza, il tentativo di veicolare l’immagine di una coscienziosa madre che si pone dei dubbi per il bene di chi ama, non facendo però poi molto per arginare il racconto che la descrive come vicina alle istanze dei più duri e puri, che rappresentano una buona fetta del suo elettorato.

Un dato interessante emerge da una ricerca di YouTrend dello scorso 19 novembre: Il 19 per cento degli elettori di FdI non è vaccinato, una percentuale superiore a quella della Lega, fermo al 16 per cento. Nonostante la linea pro vax come vi spiegate questo dato? «È più alto rispetto ad altri partiti probabilmente perché noi non li abbiamo criminalizzati, abbiamo cercato di capire perché sono contro il vaccino, perché non si fidano», dice Osnato.

Anime pro vax

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Il partito di Meloni è notoriamente monolitico, nessuno per interesse o convinzione, vuole andare contro alla linea della leader. È un partito gerarchico e questa verticizzazione passa anche per la stesura delle liste delle prossime candidature, i parlamentari lo sanno.

In tema di vaccini la posizione è ampiamente condivisa, se ci sono dubbi faticano ad emergere. «Per contrastare la pandemia sono un’arma fondamentale, ma non l’unica, bisogna intervenire sul trasporto pubblico, sulla sanità, sulla scuola», dice il deputato toscano Giovanni Donzelli che ribadisce la contrarietà all’utilizzo del green pass: «L’aumento dei no vax è dovuto alla tensione che si è creata, ha alimentato idee anti vaccino in persone che prima non lo erano».

Partiti e istituzioni, aggiunge, «sono per l’attacco frontale, li fanno passare per criminali». Oltre a Gemmato, Osnato, Donzelli, nel solco dei pro vax si collocano anche i parlamentari Fabio Rampelli, Walter Rizzetto, Alessio Brutti, Ciro Maschio, Paolo Trancassini, Wanda Ferro, Salvatore Deidda, Ylenja Lucaselli e molti altri. Così come il presidente dell’Abruzzo Marco Marsilio che alla Festa dell’ottimismo del Foglio ha preso una posizione diversa rispetto a quella di Meloni: «Non mi scandalizza l’idea di vaccinare i bambini: decidono i medici se i farmaci sono sicuri, e dobbiamo fidarci delle istituzioni sanitarie».

Le anime di FdI sono molteplici. Ci sono infatti anche le strane tesi dell’europarlamentare Sergio Berlato, ex An, meloniano, irriducibile no vax, che a inizio novembre ha organizzato un live streaming dove sono stati proposti argomenti cari agli ambienti dei complottisti e del negazionismo covid, come la teoria della dittatura sanitaria e del grande inganno. «Se mi sono vaccinato? Assolutamente no. Questa non è una campagna vaccinale, ma una sperimentazione di massa che terminerà nel 2023», ha detto a luglio scorso.

Gli intemperanti a volte si lanciano nei veicoli interni dei gruppi per far propaganda. «Le chat dei parlamentari», riferisce una fonte di partito che confessa che si fa fatica a contenere l’intemperanza dei pochi determinati no vax. «Tendono a debordare e occupare spazi», ma la maggioranza dei parlamentati di FdI «è silenziosamente pro vax».

La battaglia più dura è stata sicuramente condotta nei confronti del green pass. «Obbligare gli italiani ad avere il certificato sicuramente non li convince a ricevere la somministrazione», spiega Rizzetto che ribadisce di essere «un sostenitore della campagna vaccinale». Ma non basta a superare la pandemia: «C’è il tema dell’uso corretto delle mascherine, delle cure domiciliari e di prossimità, degli interventi per migliorare la sanità».

Dunque Meloni e il suo partito hanno una chiarissima linea di ambiguità permanente, ci giocano e blandiscono una fetta di paese che fatica a trovare una rappresentanza politica, che vede nelle proposte quali quella di istituire un fondo di indennizzi per gli effetti avversi del vaccino – proposta presentata alla manovra – uno squarcio nel buio di cui si sentono circondati. Dunque sì ai vaccini, ma sì anche ai voti dei no vax. Per dirla con Osnato: «I no vax o i dubbiosi del vaccino hanno capito che non li abbiamo criminalizzati a differenza degli altri partiti».

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