Prima di entrare qualcuno da una piccola folla urla: «Vai Saviano, non sei solo!». Era questa l’atmosfera in aula prima della sentenza, che ha condannato il giornalista Roberto Saviano per diffamazione nei confronti della premier, Giorgia Meloni, con ol pagamento di una sanzione di 1.000 euro.

La presidente del Consiglio lo aveva accusato di diffamazione, visto che Saviano aveva usato la parola «bastardi» per lei e Matteo Salvini. Il Pm, Pietro Pollidori, aveva chiesto la pena pecuniaria di 10mila euro perché «quell’espressione non si può usare in nessun contesto», ma la colpa è «di lieve entità».

L’avvocato di Giorgia Meloni, Luca Libra, aveva invece chiesto la pena «per l’offensività del termine», così per «la diffamazione per eccessiva gravità, e chiedo 75 mila euro».

Meloni non si è mai presentata in aula. Il giudice monocratico di Roma ha respinto la richiesta avanzata dal difensore di Saviano di sentire in aula la premier. Saviano accusa: «Il potere che si scherma con il parlamento» quando viene tirato in ballo dalla giustizia, e invece «usa le querele: davvero non vediamo la sproporzione?»

Il ruolo della querelante, ha detto il Pm, una deputata allora e presidente del Consiglio oggi, non la limita nello sporgere querela. «In questa sede non si discute l’opportunità», ma «la legge è uguale per tutti», ha aggiunto, «anche per lo scrittore».

L'avvocato Antonio Nobile avevo chiesto che venisse ascoltata anche Meloni come assunzione di nuovi mezzi di prova. Lo scrittore ha voluto rendere dichiarazioni spontanee. Questa querela «è intimidazione». E ha ricordato la cancellazione del suo programma Rai. «Una strategia che sta avvenendo in Ungheria, dove Victor Orban decide quali voce isolare» e «colpisce alcuni perché tutti gli altri intendano».

L’avvocato Nobile ha ribadito che in sede civile non c’è compensazione se non c’è danno, e in sede penale dunque si rischierebbe di fare pagare Saviano senza danno: «L’opinione sociale verso Meloni è migliorata» e guardando gli esiti elettorali «non è andata male» ha ironizzato. Ha portato avanti il diritto di critica: «L’importanza degli intellettuali e dei giornalisti come “cane da guardia della democrazia” l’ha definita la Corte di Europea dei Diritti Umani (Cedu)». La critica di Saviano «è forte perché è proporzionata». Da questa decisione, ha concluso, si trarrà il futuro del diritto di critica.

La vicenda

Il procedimento è legato a una vicenda del 2020, quando l’autore di Gomorra, che si batte da sempre per i diritti dei migranti, nel corso di Piazzapulita, usò l’epiteto «bastardi» per i leader di Fratelli d’Italia e Lega.

Nello specifico, Saviano stava parlando della morte di un neonato della Guinea davanti agli occhi della madre, il piccolo Yusuf, durante una traversata nel Mediterraneo, una storia che scosse il pubblico italiano: «Vi sarà tornato alla mente tutto il ciarpame detto sulle Ong: “taxi del mare”, “crociere”... ma viene solo da dire bastardi. A Meloni, a Salvini: bastardi, come avete potuto? Come è stato possibile tutto questo dolore descriverlo così? Legittimo avere un’opinione politica ma non sull'emergenza».

Le tragedie in mare ha aggiunto nelle sue dichiarazioni spontanee «sembrano essere state politicamente accettate». L’aver criminalizzato chi salva le vite in mare «è crudeltà, rivendico la legittimità della mia critica». Poi «un giorno si analizzerà quello che è accaduto in questi anni e ci si chiederà come è stato possibile lasciare che migliaia di persone morissero in mare». Per il Pm «la critica non può intaccare la sfera morale, in nessun contesto».

Le udienze

Nel corso della precedente udienza, il 27 giugno erano presenti anche Paola Belloni, la compagna della leader Pd Elly Schlein e la scrittrice Michela Murgia, morta a seguito di un tumore il 10 agosto. Murgia è sempre andata a sostenere l’amico, un legame molto forte testimoniato anche dal fatto che ha voluto che Saviano parlasse al suo funerale. 

Lo scrittore Erri De Luca, oggi presente insieme a esponenti del mondo della cultura come Teresa Ciabatti e Maura Gancitano continua a seguire: «Questo è l’ambito in cui si difende il diritto di parola». Murgia «ha fatto pesare la sua presenza e anche in questo caso la sta facendo pesare. Ha dato il suo braccio a Roberto e sta ancora qui. Assenza non vuol dire dimissioni». Con una critica agli altri: «Qui è presente una selezione di scrittori. Lo considero biologico: il lettore italiano è prudente. Non è bello né per loro né per la letteratura. Lo scrittore italiano teme di perdere lettori»

In quell’ultima udienza sono stati ascoltati come testimoni il giornalista Corrado Formigli e il portavoce di Amnesty Italia Riccardo Noury. «Dopo l’intervista a Saviano – ha detto Formigli - nessuno ha chiesto rettifiche o mandato diffide né  tantomeno è stata chiesta la rimozione del video». Meloni è passata direttamente alla querela.

Il caso Domani

La leader di Fratelli d’Italia ha deciso di non ritirare la querela dopo essere diventata presidente del Consiglio, e non è l’unica volta in cui, nonostante il nuovo ruolo che la pone in una posizione di forza, ha deciso di procedere in tribunale, lo sta facendo anche contro questo giornale. In entrambi i casi, avvocato dell’allora parlamentare Andrea Delmastro Delle Vedove, che dopo la vittoria alle elezioni della destra è stato promosso sottosegretario alla giustizia.

Nell’ottobre 2021 Emiliano Fittipaldi, oggi direttore, ha raccontato su queste pagine di una mail inviata da un imprenditore, Francesco Pietrella, all’allora commissario all’emergenza Covid Domenico Arcuri, con in copia Giorgia Meloni, per partecipare all’affare delle mascherine. Fittipaldi ha scoperto anche che Meloni aveva chiamato il commissario.

La presidente di Fratelli d’Italia non ha contestato i fatti, ma l’uso del termine “raccomandazione” e ha deciso di fare causa penale e civile a questo giornale. Un anno dopo Pietrella, l’imprenditore segnalato da Meloni, è diventato deputato di Fratelli d’Italia.

Meloni da “cittadino, giornalista e politico”, come ha fatto scrivere al suo avvocato, – rigorosamente al maschile – è andata avanti nella causa. E da presidente del Consiglio, cosa che non ha specificato. La prima udienza sarà l’anno prossimo.

Le altre cause di Saviano

Quella con Meloni non è l’unica causa partita da un esponente di governo. Il giornalista infatti è attualmente a processo per una querela di Matteo Salvini per averlo definito «ministro della malavita» e per altri post ritenuti dall’allora ministro oggi vicepremier infamanti. In attesa di vedere gli sviluppi, di recente lo scrittore invece ha vinto in sede civile contro il ministro Gennaro Sangiuliano, che ha promesso che ricorrerà in appello.

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