Nonostante decine di appelli all'esercito birmano per fermare la repressione nei confronti dei cittadini, ieri altre 38 persone sono state uccise durante le proteste. Il numero delle vittime sale così a 126, stando a quanto riportato dall'Associazione per l'assistenza ai prigionieri politici (Aapp), oltre che dalle Nazioni Unite.

Cosa sta succedendo

Le centinaia di proteste che stanno scuotendo il Myanmar sono iniziate il 1˚ febbraio scorso, quando le forze armate hanno rovesciato il governo della leader Aung San Suu Kyi, arrestandola e accusandola di aver accettato una tangente di 600mila dollari e ora per 450mila dollari, oltre che di importazione illegale di walkie talkie nel paese e aver diffuso paura e allarme nella popolazione. Da allora, i cittadini chiedono che sia liberata e hanno dato il via a una serie di manifestazioni in tutte le città del paese. Allo stesso tempo, i militari hanno iniziato a reprimere l'azione intrapresa dai dimostranti con la forza. Oltre all'alto numero di morti, infatti, oltre 200mila persone sono state arrestate. Tra questi, anche diversi giornalisti che erano sul campo per documentare quanto sta accadendo. In particolare, si trova ancora in carcere e vi resterà fino al giorno del processo fissato per il prossimo 24 marzo, Thein Zaw, operatore dell'agenzia d'informazione Associated Press, il quale ha fatto circolare un video delle cariche della polizia che è subito diventato virale online. 

Non solo violenza fisica

La giunta militare al governo non si è accanita solo contro le persone. Il 9 marzo scorso, infatti, ha annullato le licenze a cinque organi di stampa, che tuttavia hanno continuato a operare. Inoltre, ha limitato l'accesso ai social network Facebook e Twitter, utilizzati dai manifestanti per diffondere informazioni, immagini e filmati in tempo reale su quanto si sta verificando per le strade del paese. 

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