Ogni anno l’Onda Pride italiana si alza più in alto ed emerge lampante un dato: mentre la credibilità dei pride metropolitani inizia a vacillare, sono sempre più numerosi i Pride che esplodono nelle province e nei piccoli centri italiani. La letteratura, il cinema, i media e l’informazione, ci raccontano l’Italia attraverso la lente delle metropoli e delle grande città, ma la maggior parte del paese è di fatto nella provincia e nella periferia che, dal margine, è in grado di restituirci una fotografia fedele dello stato di salute della nostra penisola.

Sabato 12 luglio, dalle ore 17, Roma tornerà in piazza per il Lazio Pride, percorrendo le strade e il lungomare di Ostia: dalla stazione di Lido Centro, passando per il monumento dedicato a Pasolini di cui quest’anno si celebrano i 50 anni dalla morte, fino al simbolico pontile.

Nessuna madrina, nessun grande sponsor, solo un grido: corpi indecorosi. Perché i nostri corpi non conformi, stigmatizzati, invisibilizzati o violati, delegittimati e puniti, sfidano per definizione la norma e il codice patriarcale che vuole controllarli.

Lazio Pride nasce dalla visione di tante persone, nate e cresciute fuori dai grandi centri, e dalla loro volontà di costruire percorsi luminosi in tutti quei territori che vivono nel cono d’ombra proiettato dalla grande capitale.

Per questo il Pride di Ostia non vuole essere “normalizzante” ma transfemminista, non intende raccontare che siamo uguali ma, al contrario, profondamente diverse e diversi, non riduce le istanze politiche di una comunità al solo diritto di amare e fare famiglia, ma vuole essere megafono per tutte le soggettività e collettività invisibili fra le invisibili: siamo corpi queer, grassi, poveri, colonizzati, abusati, transgender, con background migratori, di violenza. Siamo persone che non cercano spazio dentro le meccaniche oppressive del potere, ma tracce luminose in grado di immaginarsi - e proiettarsi - orgogliosamente e infinitamente fin oltre l’umano, come sirene e tritoni ostiensi agli occhi del mondo.

Lazio Pride non è solo una parata dell’orgoglio, ma il tentativo di tracciare un sentiero di emancipazione, che sfugga alla logica della colonizzazione culturale esportata e installata dal centro alla periferia. È necessario adottare lo sguardo di chi abita la resistenza culturale e politica sui territori marginalizzati dalla narrazione dominante. Ostia racconta Roma e il Lazio, la loro complessità e il loro fermento, imponendo una fatica specifica, ma necessaria. La fatica dei territori di frontiera è la stessa dei corpi di frontiera, e la fatica dei corpi di frontiera – nei territori di frontiera – è quella a cui non possiamo sottrarci se vogliamo immaginare un mondo in cui cambi il paradigma, e non solo il risultato dell’equazione.

In un paese, fra gli ultimi in Europa per tutela delle persone Lgbtqia+, dove viene fatto abuso di strumenti repressivi e beffa di quelli democratici, il pride non cerca approvazione, ma prende spazio per rendere visibili e riconoscibili i suoi corpi e le loro pratiche trasformative.

La Pride Week di Ostia, che si è articolata fra stand up comedy e talk su sessualità consapevole e consenso, aborto e libertà di scelta, Pasolini e le periferie, carcere ed educazione affettiva, safer sex con checkpoint per test Hiv, si concluderà venerdì 11 luglio con un talk su antispecismo e veganesimo, resistenze queer in Medioriente e una live performance dell’Artivista Laika, celebre per le sue opere di street art di denuncia sociale, fra cui la recente caricatura di Orbán affissa a Budapest in occasione del Pride ungherese.

© Riproduzione riservata