Domenica 21 settembre a Roma, presso l’Auditorium di Spin Time, si terrà l’assemblea nazionale della Rete A Pieno Regime. Quando un anno fa iniziavamo questo percorso, riempiendo un’aula magna dell’università, le facce erano di stupore e felicità per una partecipazione inaspettata. Era il segnale che l’opposizione sociale nel paese si stava ridestando dal torpore di fronte all’arroganza del governo dell’estrema destra di Giorgia Meloni.

Oggi arriviamo all’appuntamento di domenica in un clima molto diverso: le mobilitazioni contro il genocidio palestinese a Gaza hanno rotto gli argini delle liturgie e dei circuiti di attivisti e militanti. Per farlo evidentemente serviva forse un’iniziativa come quella della Global Sumud Flotilla, che mettesse al centro una pratica in grado di rompere la sfiducia, la solitudine e soprattutto l’impotenza.

Ora lo sentiamo ogni volta che scendiamo in piazza in queste settimane: non c’è voglia di tornare a casa finito il corteo, c’è la voglia di tante e tanti di partecipare, praticare blocchi, occupare le strade e la scena pubblica per cambiare davvero le cose. O almeno provarci sul serio.
La Rete A Pieno Regime ha avuto a nostro avviso il merito di trasformare le parole “convergenza” e “coalizione”, troppo spesso evocate senza essere incarnate da processi concreti, in una pratica visibile e misurabile.

La campagna contro il dl Sicurezza ha messo insieme associazioni, sindacati, centri sociali, forze politiche e sociali attorno a un minimo comune denominatore: non l’opposizione alla “repressione”, per quando è indubbio il portato autoritario e l’ipoteca messa dal governo su ogni forma di conflitto sociale, ma a un’idea di società liberticida. Le grandi manifestazioni nazionali del 14 dicembre 2024 e del 31 maggio 2025 hanno avuto la capacità di tenere insieme la radicalità della piattaforma con una mobilitazione di massa, hanno visto la convergenza delle più importanti vertenze territoriali e sociali del paese, con la capacità di fare coalizione di tanti e diversi. Un patrimonio che oggi non vogliamo disperdere ma mettere a disposizione per le sfide che ci attendono nei prossimi giorni.

A Spin Time discuteremo, dunque, di come il dl Sicurezza del governo Meloni vada cancellato, di come coordinare gli sforzi per smontarlo pezzo per pezzo, chiedendo impegni chiari alle forze politiche che si candidano a governare il paese in alternativa alle destre, ma anche di come la battaglia vada condotta fuori e dentro le aule di tribunale, resistendo a chi vuole cancellare la possibilità stessa di esprimere il conflitto sociale e il dissenso.

Ma soprattutto nella discussione guarderemo avanti. Non vogliamo comporre solo un calendario di manifestazioni nazionali con cui scandire l’autunno. Scendere in piazza è importante ma, ancora più importante, è costruire un processo ampio, un movimento che attraversi il paese e sedimenti pratiche e organizzazione per riportare delle vittorie, o almeno provarci davvero.

Opporsi al regime di guerra e alla torsione autoritaria chiamata a garantire un nuovo ordine nel caos vuole dire prima di tutto questo: pensare alle mobilitazioni non come a un rituale più o meno stanco, al conflitto come performance o come competizione tra sigle e gruppi, ma piuttosto avere un piano per provare a cambiare le cose davvero, qui e subito.
Opporsi all’economia di guerra e al piano di riarmo è possibile solo con il coinvolgimento di tutta la composizione del lavoro vivo. Promuovendo una lotta che tenga insieme il no alla guerra, con i diritti, il salario, il reddito e una vera riconversione ecologica.

Per questo dalle prossime ore dobbiamo sentirci tutti impegnati, dai territori ai luoghi di lavoro, dai luoghi di produzione del sapere a quelli della riproduzione sociale, nella sfida di promuovere una mobilitazione anche di carattere europeo a partire dai blocchi e dagli scioperi.

Convergere per noi vuol dire generalizzare ogni punto di resistenza e ogni vertenza, partendo ognuno dalle proprie pratiche per riportare vittorie parziali quanto esemplari per tutti.

Costruire una coalizione è processo che non si può costruire in vitro, nasce dalla messa in comune di visioni e pratiche di conflitto, dai legami di solidarietà e complicità che vi si generano. Il programma, una volta di più, è nelle lotte.

Antonio Pio Ancellotti, Barbara Tibaldi, Anita Giudice, Gianluca Peciola, Laura Renzi, Luca Blasi, Christopher Ceresi, Federica Borlizzi, Davide Dioguardi, Cesare Antetomaso, Carlo Testini 

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