Un interrogatorio fiume, più di otto ore. Tanto è durato il confronto di Giovanni Toti, che ha risposto a tutte le domande. Più di cento quelle poste dalla procura. Il presidente della Liguria non si è sottratto, anzi ha depositato anche una lunga memoria difensiva. Tuttavia sul tema dimissioni bisognerà ancora aspettare.

Toti è stato ascoltato nella caserma della guardia di finanza di piazza Cavour che affaccia sul porto vecchio. Ed è proprio dal porto e dalle sue concessioni che gli inquirenti sono partiti per ricostruire il giro di mazzette e favori – questa la tesi di chi indaga – che lo scorso 7 maggio hanno portato agli arresti domiciliari il governatore ligure. Toti lo scorso 10 maggio si era avvalso della facoltà di non rispondere, nell’interrogatorio di garanzia davanti al gip, per studiare bene le carte le preparare le proprie tesi difensive.

E davanti ai pm Luca Monteverde e Federico Manotti e al procuratore aggiunto Vittorio Ranieri Miniati, che lo accusano di corruzione, il governatore ha risposto a tutte le domande e ha provato a difendersi spiegando che i fondi ricevuti negli anni erano finanziamenti del tutto legali. Il suo difensore chiederà poi la revoca dei domiciliari.

La difesa e le accuse

La linea difensiva è stata anticipata dal suo avvocato, Stefano Savi, in un’intervista rilasciata ieri al Corriere della Sera. «I fondi che arrivavano passavano per vie ufficiali rispettando le regole, quando ciò non è avvenuto i finanziamenti sono stati rifiutati o restituiti», ha spiegato il legale del governatore. Se questa argomentazione sia sufficiente per convincere la procura è ancora presto per dirlo.

Gli inquirenti ipotizzano che i 74mila euro versati dall’imprenditore Aldo Spinelli ai comitati elettorali di Toti siano serviti per favorire la proroga per altri trent’anni della concessione del Terminal rinfuse del porto di Genova alla Terminal rinfuse Genova S.r.l., controllata al 55 per cento dal gruppo Spinelli. Un rinnovo che sarebbe stato facilitato dall’intermediazione di Paolo Emilio Signorini, che ai tempi presiedeva il comitato di gestione del porto.

«Toti non promette qualcosa a Spinelli, fa un’attività di mediazione. Va ricordato che la proroga è stata decisa dall’Autorità portuale sulla base di parametri precisi. Quando si chiude la vicenda, si lamentano sia Spinelli che Aponte. Se tutti sono un po’ scontenti e un po’ contenti, vuol dire che non si è fatto l’interesse di nessuno», ha spiegato al Corriere l’avvocato del presidente ligure. Negli ultimi giorni è uscita poi la notizia di 55mila euro transitati sul conto personale di Toti, dopo che erano stati erogati dalla Spinelli Srl al comitato elettorale del governatore. Per Savi quei soldi sono serviti per pagare i 25mila euro di risarcimento a Raffaella Paita, attuale senatrice di Italia viva, che lo aveva querelato.

Ma non c’è solo il terminal portuale. Perché tra gli «scambi» tra Toti e Spinelli figura anche il tentativo di privatizzare la spiaggia di Punta dell’Olmo di Varrazze, dove Roberto Spinelli, figlio di Aldo, aveva in mente di costruire un complesso immobiliare con 42 appartamenti. C’è poi il finanziamento fatto da Francesco Moncada, consigliere di amministrazione di Esselunga, per sbloccare l’apertura di due punti vendita a Sestri Levante e a Savona.

Ma gli inquirenti vogliono vederci chiaro anche sui 195mila euro versati tra il 2016 e il 2020 ai comitati elettorali di Toti dall’imprenditore dei rifiuti Pietro Colucci. Soldi erogati prima che gli venisse autorizzato l’ampliamento di due discariche in provincia di Savona. E secondo la gip, Toti avrebbe avuto in questa vicenda un «ruolo attivo e concreto» a favore di Colucci, che nel frattempo si è dimesso da Innovatec. E sull’accusa di corruzione elettorale aggravata dall’aver favorito Cosa nostra mossa al capo di gabinetto di Toti? «Quelle persone lo facevano un po’ con tutti i gruppi politici», ha spiegato il difensore. «Quelle persone» sono esponenti del clan mafioso Cammarata, a cui il braccio destro del governatore, Cozzani, avrebbe chiesto una mano per portare i voti della comunità siciliana di Riesi in Liguria, in cambio di promesse di lavoro.

Dimissioni rinviate

Accanto al piano giudiziario c’è quello politico. Sull’ipotesi di dimissioni, chieste dal primo giorno dalle opposizioni, Toti ha scelto di prendere tempo. Almeno fino a quando non sarebbe stato ascoltato dai magistrati. «Fin dall’inizio (Toti, ndr) ha detto che è una valutazione che sarà fatta, ma non in solitaria», ha spiegato il suo avvocato, «perché ha delle ripercussioni notevoli sul quadro istituzionale e deve essere assunta dopo aver consultato i suoi collaboratori e le forze politiche della sua maggioranza».

Il centrodestra fin dal primo momento ha fatto quadrato intorno al governatore, anche se ormai anche i partiti che lo appoggiano pensano che alla fine Toti sarà costretto a dimettersi. «Penso che sia innocente per l’esperienza e il lavoro svolto in questi anni. E mi pongo una domanda: era necessario l’arresto di un governatore a un mese dalle elezioni per episodi avvenuti l’anno prima?», ha affermato Salvini ieri dal festival dell’Economia di Trento. Per Tajani, intervenuto ieri a Porta a Porta, «dipende da Toti e dalla magistratura se si debba dimettere o meno. Se vengono revocati i domiciliari credo possa rimanere alla guida della regione».

Meloni invece negli scorsi giorni aveva scelto una linea attendista: «Toti ha detto che avrebbe letto le carte e avrebbe dato le risposte. Aspettare quelle risposte e valutare penso che sia il minimo indispensabile per un uomo che ha governato molto bene la Regione Liguria».

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È finito dopo otto ore e mezza l’interrogatorio di Giovanni Toti nella caserma della guardia di Finanza a molo Giano, nel capoluogo ligure. Il presidente della Liguria, ascoltato dai pm Luca Monteverde e Federico Manotti della procura di Genova, è accusato di corruzione e falso ed è ai domiciliari dallo scorso 7 maggio. Rimandata la scelta sulle dimissioni.

Toti era accompagnato dal suo avvocato Stefano Savi che, dopo l’interrogatorio, presenterà un’istanza per chiedere la revoca dei domiciliari. Lo scorso 10 maggio il presidente ligure si era avvalso della facoltà di non rispondere, in attesa di leggere le carte dell’inchiesta.

Il governatore deve difendersi dall’accusa di aver preso tangenti in cambio di favori. In particolare, sotto la lente degli inquirenti sono finiti una serie di finanziamenti erogati prima alla fondazione Change – che fa capo allo stesso Toti – e poi ai suoi comitati elettorali. La strategia difensiva del presidente e dei suoi legali è che i soldi ricevuti siano in realtà normali finanziamenti elettorali, previsti dalla legge. Prima di allargarsi alla corruzione l’inchiesta ruotava infatti attorno all’ipotesi di finanziamento illecito.

Insieme a Toti sono finiti ai domiciliari l’imprenditore portuale Aldo Spinelli, il suo ormai ex capo di gabinetto Mario Cozzani e, unico in carcere, l’ex presidente dell’autorità portuale genovese e ad di Iren Paolo Emilio Signorini.

Ipotesi dimissioni

Fin da subito le opposizioni hanno chiesto le dimissioni del governatore. «Alla luce della gravità del quadro che sta emergendo, le dimissioni di Giovanni Toti sono necessarie e opportune», la posizione di Schlein. 

Il presidente ligure – sostituito pro tempore dal vicepresidente Alessandro Piana – ha rimandato la scelta a dopo l’interrogatorio. «Fin dall'inizio (Toti, ndr) ha detto che è una valutazione che sarà fatta, ma non in solitaria - ha spiegato il suo avvocato - perché ha delle ripercussioni notevoli sul quadro istituzionale e deve essere assunta dopo aver consultato i suoi collaboratori e le forze politiche della sua maggioranza». La richiesta della revoca dei domiciliari è anche un modo per permettere a Toti di confrontarsi con i partiti che lo appoggiano.

Il centrodestra, che ha criticato la scelta della misura cautelare ai domiciliari, ha scelto finora una strategia attendista. «Toti ha detto che avrebbe letto le carte e avrebbe dato le risposte. Aspettare quelle risposte e valutare penso che sia il minimo indispensabile per un uomo che ha governato molto bene la Regione Liguria», ha detto negli scorsi giorni la premier Meloni.

E il leader di Forza Italia e ministro degli Esteri Antonio Tajani, a Porta a Porta, ha detto la sua: «Dipende da Toti e dalla magistrature se si debba dimettere o meno: se vengono revocati i domiciliari credo possa rimanere alla guida della regione». Da Trento Salvini ha difeso ancora il presidente di regione: «Penso che sia innocente per l'esperienza e il lavoro svolto in questi anni alla guida della Regione Liguria. E mi pongo una domanda: era necessario l'arresto di un governatore a un mese dalle elezioni per episodi avvenuti l'anno prima?"»

La linea difensiva

Il punto principale della linea difensiva di Toti è dimostrare che quelli ricevuti da Spinelli & Co siano finanziamenti leciti. Lo ha ribadito il suo legale in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera. Queste erogazioni sono «il vero punto di un’accusa che si ritiene che ogni qualvolta ci si interessi di qualcuno non si possa ricevere niente o viceversa», ha spiegato Savi.

«Toti afferma di aver fatto ciò che ha fatto in altre centinaia di casi, di cui faremo un elenco, sia per chi ha contribuito ai suoi comitati sia per chi non lo ha fatto, perché guardava all’interesse pubblico che era di agevolare gli investimenti in Liguria (...). I fondi che arrivavano passavano per vie ufficiali rispettando le regole, quando ciò non è avvenuto i finanziamenti sono stati rifiutati o restituiti», ha aggiunto il difensore del governatore.

E sui rapporti tra il suo assistito e Spinelli, il vero cuore di tutta l’inchiesta, Savi ha spiegato: «Toti non promette qualcosa a Spinelli, fa un’attività di mediazione. Va ricordato che la proroga è stata decisa dall’Autorità portuale sulla base di parametri precisi. Quando si chiude la vicenda, si lamentano sia Spinelli che Aponte. Se tutti sono un po’ scontenti e un po’ contenti, vuol dire che non si è fatto l’interesse di nessuno»

Di cosa è accusato Toti

Toti dovrà chiarire innanzitutto i 74mila euro versati da Spinelli sui suoi conti in cambio – questa è la tesi della procura – del rinnovo trentennale della concessione portuale del Terminal Rinfuse alla Terminal rinfuse Genova S.r.l. Quest’ultima società è controllata al 55 per cento dal gruppo Spinelli e si occupa di gestire la logistica delle merci nel porto, scalo dal quale partono e nel quale arrivano migliaia di container da tutto il mondo. Un rinnovo, quello della concessione, che sarebbe stato facilitato da Signorini, che ai tempi presiedeva il comitato di gestione del porto.

Ma non c’è solo il terminal portuale. Perché tra gli «scambi» tra Toti e Signorini figurano anche il tentativo (poi non andato in porto) di privatizzare la spiaggia di Punta dell’Olmo di Varrazze dove il figlio di Aldo Spinelli, Roberto, aveva in mente di costruire un complesso immobiliare.

Negli ultimi giorni, poi, è uscita la notizia di 55mila euro transitati sul conto personale di Toti, dopo che erano stati erogati dalla Spinelli Srl al comitato elettorale del governatore. Per Stefano Savi, l'avvocato di Toti, quei soldi sono serviti per pagare i 25 mila euro di risarcimento a Raffaella Paita, attuale senatrice di Italia viva, che lo aveva querelato per delle frasi comparse sui social e in alcune interviste.

Nelle carte figura poi un finanziamento fatto da Francesco Moncada, consigliere di amministrazione di Esselunga e marito di Marina Caprotti, per sbloccare l’apertura di un punto vendita della catena di supermercati a Sestri Ponente. ll governatore e il suo capo di gabinetto si sarebbero messi a disposizione di Moncada: in cambio il manager si sarebbe offerto – questa è l’ipotesi di reato – «di effettuare un finanziamento occulto a vantaggio della lista Toti per Bucci» che consisteva in messaggi pubblicitari trasmessi nel maxischermo della Terrazza Colombo, in cima al grattacielo Piacentini, visibile in tutta la città.

Nell’inchiesta è finito anche il suo capo di gabinetto Matteo Cozzani, accusato di corruzione elettorale aggravata dall’aver agevolato Cosa nostra. Perché secondo l’ipotesi dei pm, Cozzani avrebbe convogliato verso Toti i voti della comunità siciliana di Riesi in Liguria tramite soggetti legati al clan Cammarata, molto forte in regione.

Tutto questo tramite la mediazione dei fratelli Arturo e Italo Testa (indagati anche loro), ex esponenti di Forza Italia in Lombardia, considerati vicini al coordinatore regionale degli azzurri Alessandro Sorte, che non risulta indagato.

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