La madrina delle unioni civili si racconta alla newsletter Resistenze e non risparmia nessuno: dalla segreteria di Schlein agli alleati Cinquestelle, fino ai governi passati e racconta il “vento nero della destra” sui diritti. «Invece di difendere con coraggio i propri valori, il Pd vuole piacere a tutti. Ma un animale informe può essere tirato da tutte le parti. Penso a quando Zingaretti ha messo nel simbolo per le Europee anche Calenda, che oggi nelle Marche corre con la destra»
- Questa intervista fa parte del nuovo numero di Resistenze, la newsletter di Domani su diritti e identità negate: iscriviti qui per riceverla ogni due giovedì
Sofferente per lo stato del suo partito ma sicuramente libera, «impossibile chiedere: di chi è Cirinnà? È di Cirinnà», dice. A Resistenze parla senza filtri e non risparmia nessuno. Raggiunta a Capalbio, dove Fratelli d’Italia viaggia sul 40 per cento, l’ex senatrice dem qui fa il suo buen retiro, dopo la mancata elezione nell’ultima tornata elettorale, sconfitta da FdI nel proibitivo collegio di Roma 4. La madre delle unioni civili non ha perso lo spirito combattivo: definisce Giuseppe Conte «il socio infido», la segreteria di Elly Schlein «chiusa in una torre d’avorio» e l’area riformista «in mano agli uomini soli al comando».
Le sue riflessioni non hanno ombre: il Pd, dice, ha dimostrato negli anni una «sindrome di accettazione» che spinge il partito a piacere a tutti invece di difendere con coraggio i propri valori. E ricorda un Zingaretti segretario di un Pd «ameba» che scelse di mettere Calenda nel simbolo alle Europee.
Sono passati quasi dieci anni dall’approvazione delle unioni civili, l’Italia aveva cambiato sguardo sulla comunità arcobaleno, oggi si trova di fronte «a un vento nero sui diritti» con una sinistra incapace di difendersi dentro le aule del parlamento. «Non sono incisivi. Non sono presenti nei territori. Oggi sento solo ripetere come un disco rotto parole come: sanità, scuola pubblica, salario minimo. Poi?».
A maggio 2026 saranno 10 anni dall’approvazione delle unioni civili. E il mondo è cambiato due volte. Lo sguardo sulla comunità con l’approvazione del suo ddl. Poi è stato come fare marcia indietro al tempo dei diritti. Che ne pensa?
Il paese è tornato indietro soprattutto sull’inclusione. Nel mondo del lavoro, delle famiglie, sportivo, associativo. Anche religioso. L’inclusione ha fatto passi indietro fortissimi. Nonostante la simbolicità del rito: le unioni civili sono matrimoni a tutti gli effetti tra abiti, bouquet, mamme che si commuovono, nipotini che portano gli anelli. L’inclusione fa un passo indietro davanti al vento nero che travolge il paese.
Mi faccia degli esempi concreti.
Le persone gay e lesbiche e anche le coppie fanno più fatica a manifestarsi. Effetto di chi li schizza di fango, pensiamo a quello che dice il generale Roberto Vannacci.
Prima di salire al governo Giorgia Meloni disse «non aboliremo le unioni civili», nonostante avesse mobilitato in passato una raccolta firme per farlo. Non lo ha fatto. Quindi perché criticarla?
Siamo fermi da dieci anni, potrei dire solo questo. In qualunque paese civile in dieci anni si fanno tanti piccoli passi avanti, fino all’uguaglianza piena, cioè matrimonio egualitario e genitorialità. Noi niente. Ma dentro ci metto anche i governi precedenti. Penso al governo Draghi al Conte II che tanto sventolavano il loro essere friendly. Io ero in Senato e continuavo a pregare, chiedere, spingere, ma anche la sinistra è stata ben ferma.
La sinistra è stata ben ferma e invece adesso? Che ne pensa di questa opposizione?
Mi preoccupa moltissimo la questione, avendola vissuta dall’interno, dei gruppi parlamentari. Sono composti dalle liste di Enrico Letta e non sono incisivi. Non sono presenti nei territori. Il Pd è diventato un partito liberistico e questo mi sorprende, trovo singolare che manchi un’azione forte della segreteria e in particolare quel legame che esisteva prima: segretaria, gruppi parlamentari ed eletti territoriali. Quelle erano catene di atti d’azione. Adesso sento solo ripetere, come un disco rotto, parole come: sanità, scuola pubblica, salario minimo. Poi?
Non hanno la maggioranza.
Intanto ci sono le regioni in cui governiamo e su cui dobbiamo tornare a essere vincenti. Penso alla mia Toscana, vivo qui e con gioia. Anche se è lontano anni luce dalla mia storia politica, voterò Giani, pensiamo a quello che ha fatto con la legge sul fine vita. Sulle regioni dovremmo essere incisivi. Ma ci siamo poco perché l’asse di trasmissione tra gruppi parlamentari, eletti e segretaria regionale è debole. La segretaria Schlein parla di “cacicchi”, ma i territori sono piccoli feudi.
Restando sul Pd si è detto molto negli ultimi mesi della difficoltà di «parlare ai cattolici» e del «ruolo dei cattolici». Rosy Bindi allude al fatto che il Pd è in difficoltà a parlare anche ai mondi cattolici più progressisti e sensibili ai temi sociali. Lei che è una persona laica, e fortemente contestata da quei mondi, che ne pensa?
Se il Pd ha chiara la sua carta dei valori, quella carta non si deve negoziare. Si discute insieme, si scrive e chi vuole aderisce. Continuiamo ad avere la sindrome di accettazione: dobbiamo farci accettare dai cattolici, dai centristi, dai moderati. Penso sia un segno di debolezza. Meglio un congresso per tesi. Chi vuole sta con noi e chi non vuole no. Pensi a uno come Carlo Calenda che adesso si permette, nelle Marche, di sostenere il candidato della destra. Non mi stancherò mai di ricordare che perfino Zingaretti, che amavo e stimavo, scelse di dargli mezzo simbolo del Pd durante le Europee. Questo è il risultato. Se tu, per fare un paragone al mondo animale, sei un’ameba, un essere informe, chiunque può tirarti da una parte e dall’altra.
Quindi Zingaretti è stato un po’ evanescente, un’ameba come dice lei?
Quel Pd che ha preso il nome di un estraneo e lo ha messo nel singolo soffre la sindrome di accettazione: voglio piacere a tutti. Io no, voglio confrontarmi e discutere. Sono pronta a parlare con i cattolici, ma con quelli adulti come dice Romano Prodi. Non con i fondamentalisti che purtroppo sono anche nel Pd.
Quel Pd “ameba” è ancora ai vertici del Partito?
Parzialmente sì. E lo è in modo nefasto. Un articolo di Politico.ue riportava un dato: in Europarlamento, benché sulla carta la delegazione italiana sia la più numerosa tra i socialisti europei, resta la meno incisiva.
All’interno dei gruppi parlamentari il mondo associativo Lgbtq lamenta un mancato punto di riferimento con i parlamentari. Lei non è stata rieletta, Alessandro Zan ha lasciato il proprio seggio per volare a Bruxelles. Ha ragione il movimento arcobaleno?
Purtroppo è così. Capisco che bisogna guardare a forze nuove, ai giovani, ma sarebbe opportuno che ci fosse anche all’interno della segreteria una nuova nomina. Qualcuno dice: non serve perché c’è la segretaria, ma vorrei vedere gli atti parlamentari. I diritti della comunità Lgbtq+ si possono applicare a qualsiasi atto parlamentare.
Eppure parlamentari dem come Rachele Scarpa, Cecilia D’Elia, gravitano intorno alle questioni dei diritti. Non le considera incisive?
Capisco bene il senso di frustrazione che può avere una minoranza che non riesce a far passare nulla. Però esiste anche un modo per fare arrivare la tua voce fuori dal Palazzo: interrogazioni parlamentari, mozioni su cui costruire maggioranze trasversali, interventi di fine sedute. Atti che costringono la maggioranza a parlare di questo tema e se un tema è in parlamento vuol dire che esiste. Oggi si fa conto su una giurisprudenza che va avanti lì dove le leggi non riescono ad arrivare. Sulla storia delle carte di identità sarebbe bastata una direttiva del ministero dell’Interno e la chiesi sia nel Conte II che nel Draghi. La chiesi sia con moral suasion sia con pizzini scritti a mano, l’ultimo lo scrissi a Draghi: abbiamo un problema con le famiglie arcobaleno. Ci sono responsabilità anche a sinistra.
Lei si è sentita poco difesa dal Pd o almeno abbandonata?
Nel Pd ho pagato e pago tutt’ora la mia assoluta libertà. Impossibile a chiunque porre la domanda classica: di chi è Cirinnà? È di Cirinnà. Mi sono schierata nei congressi, ma se non fai parte di nessuna corrente, nel momento decisivo nessuno ti difende. Sono difficilmente gestibile e capisco che un parlamentare accondiscendente è più comodo di una persona irregolare. Nel momento delle liste, a mezzanotte del 15 agosto del 2022, nessuno ha bussato da Enrico Letta per dire: avete messo Cirinnà nel collegio più perdente di Roma. Letta ha pensato bene di accontentare quel pezzo di area cattolica a cui lui afferisce.
E perché decise di accettare quella candidatura?
Ricevetti una telefonata di Franco Grillini. Mi consigliò di farlo nonostante fosse perdente. «Sappi che questo costerà il 2 per cento al Pd perché tutta la comunità orientata a votare a sinistra devierà nei Cinque stelle». Franco dice che questo è successo. E lo stiamo pagando ancora oggi.
Che ne pensa di questo scontro alimentato dai quotidiani tra Silvia Salis ed Elly Schlein?
Con estrema sorpresa, qualche mese fa ricevetti un messaggino da Schlein che mi disse: vai a Genova per un incontro della coalizione sulla comunità Lgbtq. Dentro di me pensai: «Dove sta la fregatura?». C’è un responsabile diritti che è Zan, alti rappresentanti come Orlando, la segretaria che per me è un faro, perché chiamare me? Andai e conobbi una persona preparata e molto, molto attenta su questi temi. I giornali pompano per metterla in difficoltà, ma penso che lei per adesso voglia fare la sindaca, come ha detto. Poi chissà.
E la fregatura ha capito poi qual era?
Il Pd locale aveva paura di esporsi su questi temi. Orlando e anche il segretario regionale avevano traccheggiato. Durante la campagna di Orlando mi ero offerta di andare a sostenerlo, organizzare una conferenza con tutto il mondo associativo, ma venni ignorata. Sono convinta che quella radice omofoba antica che nel Pci colpiva Nichi Vendola sia ancora presente nel partito.
Passiamo agli alleati. Il M5s si è evoluto sul fronte diritti civili, non pensa?
No, per me i Cinque stelle restano quelli che non hanno votato le unioni civili. Dopodiché anche per loro è un tema marginale. C’è chi se ne occupa abbastanza bene, Fico era stato all’altezza all’epoca anche da presidente della Camera. Il punto è la loro inaffidabilità. Questo essere sempre con due piedi in due scarpe con il Pd. Giuseppe Conte con Schlein è un giorno una carezza, un giorno calcio. Posso usare una metafora?
Prego, lo faccia.
Nel codice civile c’è una figura: “il socio infido”. Ecco Giuseppe Conte: le sue smanie personali sono mille volte superiori al bene comune.
Torniamo alla destra. Si parla molto di violenza politica. Lei è d’accordo?
Sì, la violenza politica verbale c’è, ma non più né meno di prima. Sdoganata dalla destra. Oggi amplificata dai social, una deriva che nasce dalla Bestia di Salvini gestita da quel signore che all’epoca sparava contro la comunità Lgbtq e contro la sottoscritta (Luca Morisi, ndr). Sappiamo che fine ha fatto, ma loro continuano. I social sono continuamente pieni di insulti alla segretaria del Pd per esempio: i tre passaporti, il linguaggio, la fidanzata. Adesso fanno le vittime.
Lei ha subito anche diverse intimidazioni, reali.
Durante le unioni civili tre assalti di Casapound, mentre giravo l’Italia per raccontare la legge. Gli striscioni al Family Day con il mio nome. La Digos mi chiamò, dovevo essere “attenzionata”, come dicevano. Quindi tutte le mattine il mio segretario doveva comunicare i miei spostamenti. Un’istigazione continua che mi ritraeva non come una persona o un avversario politico, ma un nemico da distruggere.
Il governo Meloni resta ambiguo anche sulla Palestina, che ne pensa?
Straparla di odio, non dice nulla contro un genocidio. Si spara e si uccide ovunque con droni e armi altamente tecnologiche. Tutto è bersaglio: civili, donne e bambini, chi prega, chi soccorre, chi implora cibo, chi scappa.
Quale ddl in discussione le fa più paura?
Due, uno legato al mondo dei diritti e uno al mondo ambientale. Il ddl Sparatutto di Malan-Lollobrigida apre la caccia a qualunque cosa e questo mi terrorizza. Sono una donna che vive in campagna, nei giorni di caccia devo chiudere tutto e tenere dentro i miei gatti. L’altro sul consenso informato di Sasso della Lega. Due orrori. Il ddl Sparatutto non parla ai cacciatori, ma al mondo delle armi, a una lobby privilegiata che a loro conviene soddisfare. Quello sul consenso informato ai cattolici “non adulti”, cioè ai bigotti che hanno paura del cosiddetto gender.
Alla fine della nostra conversazione, posso dirle che non ho capito il suo giudizio sulla segretaria Schlein.
C’è un baco nella mela. Le primarie aperte hanno un senso quando devi scegliere il premier. Ma secondo me non sono positive per la scelta del segretario del partito. Perché equipari l’iscritto che apre il circolo tutte le mattine e che fa la lite con i fascisti con il simpatizzante elettore o anche con altri che vogliono osteggiare il partito. Quando andai a votare a piazza Farnese ricordo che mi voltai, dietro di me c’era Achille Occhetto e lì ho capito che qualcosa non andava. Elly sta facendo tutto quello che può fare e lo fa bene, ma è chiusa in una torre d’avorio. La segreteria resta nell’ombra. Questa è una deriva leaderista che non mi piace. Poi lei fa quello che può ma bisognerebbe aprirsi di più al confronto democratico. Sono all’antica, cosa vuole farci.
© Riproduzione riservata



