Il presidente francese Emmanuel Macron è in corsa per il secondo mandato e i sondaggi per il primo turno del prossimo 10 aprile lo danno in un testa a testa con Marine Le Pen, candidata della destra del Rassemblement National.

Macron conclude il suo primo mandato in un momento complesso tra la guerra in Ucraina e le responsabilità per la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea. Si tratta di una campagna insolita, tanto che il giornale francese Le Monde l’ha definita una «campagna fantasma», una «non campagna presidenziale».

Ecco le tappe principali dei cinque anni della presidenza di Macron, il presidente della Repubblica più giovane nella storia di Francia, che senza essere appoggiato dai partiti tradizionali aveva promesso di riformare radicalmente il paese. 

Dimissioni a catena

A un anno dalla nomina a ministro dell'Interno del governo scelto da Macron, e guidato da Edouard Philippe, Gérard Collomb si è dimesso perché - secondo la versione ufficiale - voleva candidarsi alla carica di sindaco della città di Lione. Ma nell’ultimo periodo del suo mandato, Collomb aveva criticato molto il presidente, parlando della sua «mancanza di umanità» e del rischio che rimanesse isolato. Due mesi prima si era dimesso Nicolas Hulot, il ministro della Transizione ecologica e solidale.

Il 3 luglio del 2020 invece si è dimesso il primo ministro Philippe, eletto nuovamente sindaco a Le Havre, e sostituito da Jean Casteux. 

Riforme contestate

Pochi mesi dopo la sua elezione, migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro la nuova legge sul lavoro. La riforma voluta da Macron ha avuto un impatto sui contratti di lavoro, avvicinandoli all’interesse aziendale e allontanandoli dai diritti dei lavoratori e, secondo alcuni analisti, indebolendo il ruolo dei sindacati.

Anche la legge sulla sicurezza, approvata in via definitiva il 15 aprile 2021, aveva provocato grandi proteste già dalla sua prima approvazione. L’articolo più contestato è il 24, che inizialmente introduceva il nuovo reato per chiunque diffondesse immagini volte a «danneggiare l’integrità fisica e morale» degli agenti di polizia. Ma dopo l’ondata di proteste e le accuse di limitare la libertà di espressione, il governo aveva accettato di rivedere la legge: nel testo approvato in via definitiva da entrambe le camere non si parla infatti di diffusione di immagini. Ma l’articolo definitivo, criticato da molti perché troppo vago e ampio, prevede comunque un reato per chi aiuti a identificare un agente in servizio con l’intento di nuocere alla sua integrità fisica o psichica.

Emmanuel Macron ha poi deciso di abolire la patrimoniale sugli investimenti finanziari, riducendo gli introiti per il paese di 3 miliardi di euro di imposte annue, senza però introdurre riforme a favore delle persone meno agiate.

I gilet gialli

LaPresse

La misura voluta dal presidente Macron che ha avuto più risonanza, anche a livello internazionale, è l’aumento del prezzo della benzina e del gasolio. Una decisione che ha provocato un malcontento sociale per lungo tempo, che si è diffuso anche in altri stati e ha dato vita al fenomeno dei gilet jaunes che dal 17 novembre 2018 in poi hanno protestato bloccando le città e le autostrade. Un morto e circa 400 feriti è stato il bilancio dei primi due giorni di contestazioni, 282 gli arresti.

I rincari erano previsti all’interno di una misura più ampia, a tutela dell’ambiente e con l’obiettivo di incentivare l’uso di auto elettriche o ibride. Ma l’insoddisfazione dei gilet gialli si era allargata a tutto l’operato di Macron, definito il presidente dei ricchi, e i manifestanti chiedevano le sue dimissioni.

Le rivendicazioni dei gilet gialli si sono poi moltiplicate: dai prezzi degli idrocarburi all’immigrazione, dalle disuguaglianze sociali alle teorie del complotto. Il protrarsi delle contestazioni e l’aumento dei manifestanti, hanno portato a schierare migliaia di agenti nelle città e a una violenta repressione da parte della polizia.  

Le relazioni speciali

AP Photo/Michel Euler, Pool

Criticato anche nelle sue decisioni di politica estera, Emmanuel Macron ha cercato di stringere rapporti con diversi leader contraddittori, ricevendo anche critiche dai partner internazionali. 

Prima fra tutti è il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi a cui ha conferito il 7 dicembre 2020 la più alta onorificenza francese, la Grande croce della Legion d’onore. Macron è stato criticato anche per aver cercato di nascondere la serata di gala di cui i canali dell’Eliseo non avevano dato comunicazione, e per aver dato un riconoscimento così importante al presidente di un regime in cui ci sono continue violazioni dei diritti umani. 

Da un’inchiesta del sito francese Disclose erano inoltre emersi i rapporti commerciali militari tra Francia ed Egitto. Rapporti che nascono con l’obiettivo di contrastare il terrorismo ma nei fatti hanno finito per colpire vittime civili e arricchire l’industria bellica francese.

Nonostante i molti interventi di politica estera, il presidente francese non ha ottenuto grandi risultati e non è riuscito ad assumere un ruolo di leadership vincente in Europa. Non è riuscito a prendere parte agli accordi del Nagorno-Karabakh, ha fallito il tentativo di mediazione per risolvere la crisi politica in Libano, e i molteplici tentativi di dialogo con la Russia e gli Stati Uniti non hanno portato a grandi cambiamenti. Diversi media internazionali avevano definito come una «special relationship» il rapporto tra Macron e l’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.

La loro relazione speciale però ha vissuto diverse fasi, tra critiche e collaborazione per i medesimi interessi: contrastare il terrorismo islamista e l’ascesa della Cina.

Nel settembre del 2021 Stati Uniti, Regno Unito e Australia hanno firmato il patto di difesa Aukus, scatenando l’ira della Francia che ha richiamato gli ambasciatori presenti in America e in Australia perché tenuta all’oscuro dell’accordo. A testimonianza, ancora una volta, di come le relazioni tra Francia e Stati Uniti si sono raffreddate.

L’Africa

Il presidente Macron è stato tra i candidati più attivi nella riconciliazione con il passato coloniale in Algeria e sui crimini commessi durante la lotta per l’indipendenza a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta.

Macron ha chiesto allo storico Benjamin Stora di redigere un rapporto con una serie di iniziative e raccomandazioni, ha partecipato a una giornata nazionale di commemorazione per gli algerini che hanno combattuto per l’esercito francese e a sei mesi dalle elezioni, lo scorso ottobre, ha riconosciuto pubblicamente le responsabilità della polizia francese in un massacro di manifestanti algerini, avvenuto a Parigi sessant’anni fa, che chiedevano l’indipendenza dell’Algeria.

La Francia di Macron ha poi annunciato nel mese di febbraio 2022 il ritiro coordinato dal Mali, insieme agli alleati occidentali, perché «non c’erano più le condizioni politiche, operative e giuridiche» per la presenza militare, si legge nella nota diffusa dall’Eliseo. La missione, durata 9 anni, aveva l’obiettivo di contrastare i gruppi terroristici jihadisti attivi nel Sahel. Per il presidente francese non è stata un fallimento. Ma nel vuoto politico creato dal ritiro, hanno preso piede i mercenari russi del gruppo Wagner.

Energia

A febbraio Macron ha annunciato «la rinascita dell’industria nucleare francese», un nuovo piano di investimenti per la costruzione di nuovi reattori nucleari per produrre energia elettrica e ha esteso il limite di tempo per la chiusura delle centrali per questioni di sicurezza dai 40 ai 50 anni.

Un tema divisivo per l’Europa, in un momento in cui la crisi energetica è al centro del dibattito. Divisive anche le posizioni del presidente durante la presentazione al parlamento europeo della presidenza francese al Consiglio dell’Ue: tra le priorità, il clima e lo stato di diritto ma le critiche su entrambi i fronti sono arrivate da ambientalisti e giornalisti.

Guerra in Ucraina

AP Photo/Francois Mori

Dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina Macron è stato tra i leader europei a tenere più rapporti con il presidente russo Vladimir Putin. Si contano quasi una decina di colloqui telefonici in cui il capo dell’Eliseo ha chiesto a quello del Cremlino di mettere in sicurezza le centrali nucleari per evitare una catastrofe in Europa.

In un primo momento era anche riuscito a mettere d’accordo Putin per un incontro con la controparte ucraina e i vertici dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, ma il meeting non è ancora stato tenuto.

Nei tentativi di mediazione è stato scavalcato da altri esponenti politici come il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il premier israeliano Naftali Bennett.

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