Cara Europa,

ecco i grandi errori del 2020. Da non ripetere nel 2021...

Covid-19 e gli egoismi. Dall’immunità di gregge ai frugali

(Il premier britannico Boris Johnson. Foto LaPresse)

Il primo posto per gli scivoloni da non ripetere va agli egoismi che Covid-19 ha messo allo scoperto. Come dimenticare la “immunità di gregge” di Boris Johnson? Era metà marzo quando il premier britannico si rivolse alla nazione e disse: siate pronti, perché «molte altre famiglie perderanno i loro cari prima del tempo». Ci sono volute rivolte del mondo scientifico, accademico, e dell’opinione pubblica, per convincere Johnson a un cambio di rotta, e all’idea che salvare più vite possibile dovesse essere una priorità. 

Ma tutta Europa, quando la pandemia è iniziata, ha mostrato il suo lato più egoista. All’inizio l’Italia è stata considerata dai media internazionali come il “guinea pig”, la cavia del continente. Mentre qui la situazione era già disperata e, durante i consigli dei ministri Ue, Roberto Speranza faceva appelli alla solidarietà, Berlino e Parigi notificavano alla Commissione Ue il blocco dell’esportazione di materiale sanitario in altri stati membri. Erano i primi di marzo, e fu necessario che anche Francia e Germania si trovassero nei guai perché la presidente della Commissione pronunciasse il suo primo discorso pubblico sul tema elevando la questione a problema comune. Nel momento in cui la Bce avrebbe dovuto aiutare l’Italia, la presidente Christine Lagarde pronunciò una frase, «non siamo qui per chiudere gli spread», che provocò il crollo delle borse e la reazione irritata di Sergio Mattarella. 

Ricorderemo questo inizio di primavera come il tempo dei frugali, dell’olandese Mark Rutte e degli altri falchi del nord che si sono opposti all’ipotesi di condivisione del debito e degli aiuti. Soltanto a maggio, Merkel ha rotto gli indugi, e in un incontro con Macron ha sbloccato l’ipotesi del fondo di ristoro. Luglio è stato il mese in cui i governi europei hanno dato il semaforo verde al Recovery Fund. Questo dicembre, l’Ue, che ha affrontato la pandemia in ordine sparso, prova a coordinarsi almeno sul giorno in cui iniziare il vaccino. Ma chissà se l’Europa ha davvero imparato dal suo più grande errore del 2020: l’egoismo.

Immigrazione. L’Europa “fortezza” che respinge e tortura

(Migranti fuggono dal campo di Moria mentre brucia. Foto LaPresse)

Una immagine del 2020 che non dimenticheremo è quella del campo di Moria mentre brucia. Succedeva a settembre. Pochi giorni dopo, pensando di dare un segnale di speranza, Ursula von der Leyen ha presentato la nuova proposta della Commissione europea su asilo e immigrazione, e ha detto che avrebbe “azzerato Dublino”. Ma non è così. La nuova proposta non rende affatto la solidarietà un obbligo, e anzi promuove i rimpatri e prevede di rafforzare i controlli alla frontiera. L’Europa di von der Leyen è una fortezza, come lei stessa ha ammesso definendo la Grecia «lo scudo europeo». La Commissione ha inoltre coperto le spalle al direttore di Frontex quando le rivelazioni giornalistiche hanno dimostrato che l’agenzia partecipa ai respingimenti illegali e quando l’Europarlamento ne ha chiesto le dimissioni.

(Gli europarlamentari denunciano le torture inflitte dalla polizia croata ai migranti. Foto The Left)

Il 2020 si chiude con la pubblicazione dei due “Libri neri”: 1500 pagine di dati e testimonianze, una antologia di Spoon River di atrocità subite da migliaia di migranti; i libri dimostrano che i pushback, le violenze e le torture non sono casi isolati ma la routine in Europa. Questo 2020 non ci ha resi più solidali: al contrario, ha reso più dure le nostre frontiere. 

Divieto di aborto in Polonia. I governi che attaccano donne e lgbt

LaPresse

Dalle elezioni presidenziali di luglio, l’attacco alla comunità lgbt in Polonia si è trasformato in vera e propria repressione. Pochi mesi dopo, a ottobre, la destra di governo ha rivolto il suo attacco contro le donne. Una sentenza della Corte costituzionale ha ridotto se possibile ancor di più il diritto all’aborto, sostenendo che le donne non possano abortire neppure in caso di gravi malformazioni del feto.

Ma la società civile ha reagito con un’ondata di proteste così ampia e partecipata come non se ne vedevano da tempo.

L’attacco alle donne non riguarda un singolo paese: sempre questo autunno, il governo polacco ha sottoscritto una “Dichiarazione di Ginevra per la salute della donna e il rafforzamento della famiglia” che rinnega il diritto all’aborto ed è stata firmata anche dall’Ungheria, oltre che da Arabia Saudita, Stati Uniti di Trump, che hanno guidato l’iniziativa, e un’altra ventina di paesi.

(Proteste a Varsavia per il diritto all'aborto. Foto LaPresse)

Anche la difesa dei diritti delle donne non riguarda solo la società civile polacca: a sostegno delle donne che protestavano, l’Europarlamento ha approvato una risoluzione che afferma il dovere di ciascuno stato membro di garantire l’esercizio del diritto di aborto, e il dovere dell’Ue di controllare che ciò accada. Il 2020 è un anno di attacchi ai diritti, ma anche di ribellioni e di speranze.

Il veto di Orbán. La deriva illiberale e l’errore di non fermarla

(Il premier ungherese Viktor Orbán. Foto LaPresse)

Come si comporta l’Europa quando i suoi stati membri non rispettano i principi fondativi dell’Unione? La deriva illiberale dell’Ungheria è in corso da un decennio. Su questo giornale abbiamo raccontato le difficoltà di tenere in vita una informazione libera nel paese, e tutte le spinte liberticide del premier Viktor Orbán. Eppure, il rispetto dello stato di diritto, o “rule of law”, è sancito dall’articolo 2 del Trattato dell’Ue. 

Polonia e Ungheria da tempo violano l’equilibrio di poteri, l’indipendenza della magistratura, il pluralismo dei media e così via. Il 2020 ha offerto un’occasione imperdibile all’Unione per difendere e promuovere i suoi valori: il 5 novembre, con uno storico accordo fra presidenza tedesca ed Europarlamento, l’Ue ha deciso di vincolare l’erogazione dei fondi europei al rispetto della rule of law. Occasione imperdibile, dicevamo. Ungheria e Polonia però si sono opposte e hanno messo il veto al pacchetto di aiuti europei; punto bassissimo del 2020, siglato anche in una alleanza scritta tra Varsavia e Budapest.

Alla vigilia del Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre, la Germania è riuscita a persuadere Polonia e Ungheria a togliere il veto , ma a caro prezzo. La “dichiarazione interpretativa” sul meccanismo dello stato di diritto, approvata poi dal Consiglio, rischia infatti di congelarne la applicazione, con gran gioia di Orbán e a discapito dell’Ue. Sullo stato di diritto, il Consiglio ha violato lo stato di diritto, con la conseguenza di aprire uno scontro istituzionale.

(La cancelliera tedesca e il premier ungherese. Foto LaPresse)

Di fatto, Merkel ha preferito la linea morbida con Orbán. Le ragioni sono anche e soprattutto economiche, come abbiamo raccontato. Ma i costi di queste debolezze li pagherà tutta Europa. Errore a cui rimediare –  e rotta da invertire –  nel 2021. 

Macron e al Sisi. L’Europa che sacrifica i diritti per gli affari

(Macron accoglie al Sisi con il tappeto rosso. Foto LaPresse)

C’è un ministro francese che condivide affari e torte di compleanno con il presidente di un paese, l’Egitto, responsabile di torture, uccisioni, incarcerazioni. C’è il presidente francese che accoglie al Sisi con il tappeto rosso nel pieno della repressione. Concede la legione d’onore, ma lo tace all’opinione pubblica. Scivolone di fine anno da non dimenticare è sicuramente Emmanuel Macron che riceve “con onori” il presidente egiziano il 7 dicembre. Durante la conferenza del 7, Macron ha difeso la «relazione eccezionale e amicale» con al Sisi; la vendita di armi per lui è irrinunciabile e sul fronte dei diritti è sempre meglio «uno scambio». Per fortuna che c’è l’Europarlamento: in autunno votò contro l’export di armi ai paesi che violano i diritti umani (anche se Francia, Germania e Italia hanno continuato imperterrite) e il 18 dicembre ha approvato una nuova risoluzione che chiede una posizione dura dell’Europa con il Cairo in nome dei diritti umani, di Giulio Regeni, di Patrick Zaki

FILE - In this Feb. 19, 2020 file photo, a mural depicting detained Egyptian human rights advocate and student at the University of Bologna in Italy Patrick George Zaki, being hugged from behind by Italian researcher Giulio Regeni, who was murdered in Cairo in 2016, is displayed on a wall near a park, in Rome. An Egyptian court extended the detention of Zaki, an activist and researcher who previously worked for the Egyptian Initiative for Personal Rights, or EIPR, one of the country’s most prominent rights groups, the group said on Monday. Writing in Italian at top reads: "This time it will all go well", and in Arabic at the bottom reads "freedom." (AP Photo/Gregorio Borgia, File)

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